domenica 30 gennaio 2011

I fisici richiedono un protocollo per inviare messaggi agli alieni

Più passa il tempo e più credo che il progetto Seti, seppur denigrato negli ultimi anni, venga preso sempre più in considerazione, a dirla tutta, sta diventando un punto fermo per la ricerca extraterrestre.



E' di questi giorni la notizia della Royal Society atta a creare la Scala di Londra per la ricerca di vita extraterrestre, proposta da Ivan Almar e da Margaret Race guarda caso dell'Istituto SETI (EUA), oppure la notizia che abbiamo proposto ieri della costruzione del Long Wavelenght Array (LWA) un sistema di ben 13.000 antenne che ha come obiettivo oltre alla ricerca di pianeti extrasolari anche segnali provenienti da civiltà extraterrestri. Per ultimo l'intervista da noi effettuata al Prof. Stelio Montebugnoli riguardo al progetto Dorothy effettuatosi tra il 5 e l'8 Novembre dove i radiotelescopi di 19 Istituti di Ricerca sparsi in 12 Paesi su 5 i continenti, hanno partecipato tutti insieme al suddetto progetto per la ricerca di segnali prodotti da forme di vita intelligente extraterrestre...... L'essenza della ricerca SETI.

Più avanti invece parleremo di una ricerca meno conosciuta simile come finalità ma dal funzionamento completamente opposto al SETI, si chiama METI (Messaging to Extra Terrestrial Intelligence) ed ha lo scopo di inviare messaggi verso i pianeti candidati anzichè ascoltarli.
Vi proponiamo allora la "proposta di un protocollo per le comunicazioni extraterrestri."
Atri e il suo team ritengono che la Terra abbia inviato segnali elettromagnetici per oltre un secolo, per lo più sotto forma di “dispersioni involontarie provenienti da apparecchi televisivi, aerei e dispositivi di telecomunicazione”.

"Una civiltà avanzata situata nel raggio di 100 anni luce dal nostro pianeta potrebbe rilevare i nostri programmi televisivi e quindi già sapere che siamo qui, per cui le speranze di nascondere la nostra posizione nello spazio sono ben poche”, sostengono.
Dal 1974, l’uomo ha intenzionalmente trasmesso i numeri da uno a dieci, numeri atomici o elementi del DNA, grafici raffiguranti un essere umano, il sistema solare, Arecibo, melodie musicali, messaggi di testo, fotografie e disegni.

I ricercatori si sono accorti che i messaggi erano diventati sempre più “antropocentrici” e complessi, e di conseguenza più difficili da decodificare e decifrare per gli ascoltatori extraterrestri.

"La tecnologia moderna consente di trasmettere grosse quantità di dati a costi ragionevoli, ma la trasmissione di quantità massicce d’informazioni dà per scontato che i destinatari extraterresti saranno in grado di comprendere un messaggio complesso”, affermano.

"Dal momento che sappiamo molto poco sulla natura delle civiltà extraterrestri, ammesso che esistano, possiamo incrementare le probabilità che la comunicazione con loro vada a buon fine utilizzando un messaggio adatto che il destinatario presumibilmente potrà comprendere”.

Una volta definito, proseguono i ricercatori, un protocollo METI potrebbe essere usato per mettere alla prova la comunicazione interculturale dell’umanità.
I ricercatori auspicano anche la creazione di un sito web attraverso cui il pubblico possa creare dei messaggi campione conformi al protocollo, recuperarli e tentare di decifrare i messaggi di altri utenti.
"Un protocollo METI è necessario per coordinare uno sforzo congiunto a livello internazionale per inviare messaggi agli extraterrestri”, concludono.
"Costruendo accuratamente un protocollo con cui scrivere e inviare messaggi, ottimizzeremo la qualità dei messaggi che vengono inviati, aumentando così le probabilità che vengano compresi”.
La relazione verrà pubblicata sul numero di maggio o agosto di Space Policy.
Personalmente sono sempre più convinto che questa sia una delle vie da intraprendere per la ricerca di vita extraterrestre, spero solo di esserci quando (e non se!) succederà...

Fonte: http://www.centroufologicoionico.com/

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