lunedì 9 marzo 2015

E se fossimo noi a "telefonare" agli extraterrestri? Gli esperti si interrogano sui rischi

Trovare una civiltà aliena intelligente rappresenterebbe sicuramente una delle più grandi scoperte della storia dell'umanità. 
Finora però non vi è stato alcun segnale di comunicazione da parte di vita extraterrestre, nessun messaggio proveniente dalle stelle che indichi che gli esseri umani non sono soli nell'universo. Forse, suggeriscono alcuni studiosi, sarebbe ora che assumessimo un ruolo più attivo nella conversazione interstellare: anziché limitarci a porgere l'orecchio al cosmo come abbiamo fatto nell'ultimo mezzo secolo, forse è il momento che la Terra inizi a trasmettere messaggi alle stelle; dei grandi, sfolgoranti telegrammi che inducano una risposta estraterrestre. 
L'idea di mandare segnali nel cosmo però è alquanto discussa. Di recente, è stata postata online una dichiarazione in cui si afferma che inviare messaggi a intelligenze extraterrestri (METI) comporta “conseguenze sconosciute e implicazioni potenzialmente enormi". La missiva, firmata da numerosi scienziati di fama e da gente come l'imprenditore spaziale Elon Musk, chiede che prima di inviare qualunque messaggio si svolga un dibattito su scala internazionale. 
 




La controversia -come spiega il National Geographic- è emersa durante l'incontro annuale della American Association for the Advancement of Science, quando sono volati vivaci scambi di battute tra gli scienziati riuniti a discutere i pro e i contro dei messaggi interstellari.

"Dovremmo lanciare un programma SETI attivo per integrare l'attuale programma SETI passivo”, ha proposto Doug Vakoch, uno dei dirigenti del SETI Institute. “Dobbiamo diversificare le nostre strategie di ricerche". 
Ma intraprendere una campagna mirata di messaggi interstellari senza considerare le possibili conseguenze è una follia, avverte l'astrofisico nonché scrittore di fantascienza David Brin. Unica - apparentemente - voce di dissenso tra i convenuti, Brin ha fatto presente che attrarre l'attenzione di una civiltà avanzata sconosciuta può portare a risultati potenzialmente disastrosi. E, dice, è impossibile predire se gli alieni saranno amichevoli o esseri malvagi.
 
“Questo è l'unico ambito scientifico davvero importante in cui le opinioni la fanno da padrone, e tutti hanno opinioni molto decise".
Al momento non ci sono messaggi in uscita nella posta interstellare del pianeta. Vakoch e altri però suggeriscono di utilizzare il potentissimo transmettitore dell'osservatorio di Arecibo per inviare messaggi quando la struttura non è impegnata in altre ricerche. I costi sarebbero molto contenuti e l'attività si affiancherebbe a quella di ascolto di segnali alieni attualmente in corso.  Il problema di cosa dire in questi messaggi è importante, ma per ora lo sembra più capire se vadano inviati oppure no. “Devo ammettere che un SETI attivo è un argomento molto controverso", dice Vakoch.
 
Nonostante le polemiche, non sarebbe la prima volta che vengono inviati messaggi nello spazio. Un pugno di trasmissioni sono già salpate dalla Terra e navigano attraverso il cosmo. Forse la più nota di queste è quella inviata da Arecibo nel 1974. Composto dall'astronomo Frank Drake, il messaggio viaggia alla velocità della luce verso la meta, che raggiungerà in 25.000 anni: un ammasso stellare nella costellazione di Ercole.
 
Per non parlare di tutti i sussurri e mormorii che emette comunque la Terra: i segnali ad alta frequenza dei radar militari, trasmissioni radio e TV, e i radar interplanetari usati per studiare i vari asteroidi nel Sistema Solare. Di recente, tecnologie come i telefoni cellulari o la TV via cavo hanno trasformato la Terra in un pianeta un po' più silenzioso, ma per vari decenni le nostre comunicazioni interplanetarie si sono disperse facilmente nello spazio. 

È vero, quei segnali sono più difficili da captare di un possente segnale radio inviato da Arecibo, ma secondo l'astronomo di SETI Seth Shostak, se una civiltà è così avanzata da venire a sterminarci tutti forse è anche in grado di captare quei sussurri. E in effetti, sottolinea l'astronomo, la nostra tecnologia non è lontana dal riuscire a farlo a sua volta. “Tra un secolo o due saremo in grado di trovare l'equivalente di noi stessi", assicura. In altre parole, è troppo tardi per zittirci e nasconderci. 


Brin però non ci sta. E gli si drizzano i capelli all'idea che i suoi colleghi si preoccupino solo di un invasione di cardassiani. Invece, insiste, non sarebbe molto più sensato parlare delle possibili conseguenze di METI prima di sparare qualcosa nel cosmo? E in effetti, qualcuno inizia a parlarne. 


Alla conferenza, vari studiosi hanno cercato di dare un taglio a ipotesi e supposizioni cercando analogie tra METI e altre questioni controverse. L'astrobiologo David Grinspoon ha messo in luce l'ovvio legame tra METI e il Planetary Protection Office della NASA, nato per prevenire le possibili contaminazioni biologiche tra la Terra e altri corpi celesti. Grinspoon ha inoltre osservato che la paura di intelligenze extraterrestri non è molto dissimile da quella verso l'intelligenza artificiale. Eppure, nessuno pensa di bloccare la ricerca sull'intelligenza artificiale.


Fonte: http://www.ufoonline.it/2015/03/08/e-se-fossimo-noi-a-telefonare-agli-extraterrestri-gli-esperti-si-interrogano-sui-rischi/

martedì 10 febbraio 2015

Vita nel cosmo: una stella standard ha in media due pianeti abitabili nella "Goldilocks Zone"

Quanti sono i pianeti fuori dal sistema solare nella fascia abitabile, quella nota agli scienziati come Goldilocks Zone, termine scientifico per indicare la regione intorno ad una stella ove è teoricamente possibile per un pianeta mantenere acqua liquida sulla sua superficie ?

Gli scienziati se lo chiedono da molto tempo. Creare un protocollo scientifico di riferimento per individuare un termine di paragone con le condizioni favorevoli per la vita per come noi la conosciamo sulla Terra, è un obbiettivo che i ricercatori inseguono da tempoUn nuovo studio firmato da Tim Bovaird e Charley Lineweaver dell’Australian National University (ANU), e pubblicato su Monthly Notices of the Astronomical Society, si focalizza su migliaia di pianeti scoperti dal satellite Kepler. Con qualche sorpresa positiva.

Gli scienziati hanno scoperto che una stella standard ha circa due pianeti nella cosiddetta zona Goldilocks. Charley Lineweaver tra gli autori dello studio ha dichiarato: «Gli ingredienti per la vita sono abbondanti, e ora sappiamo che gli ambienti abitabili sono altrettanto abbondanti, però come sappiamo, finora non è stato trovato un altro pianeta con alieni dall’intelligenza umana o almeno tale da saper costruire radiotelescopi e navi spaziali. In caso contrario, li avremmo visti e sentiti. Potrebbe essere che ci siano civiltà intelligenti che si stiano evolvendo o che si siano già autodistrutte. » Il telescopio spaziale Kepler osserva per la maggior parte pianeti molto vicini alle loro stelle, e che quindi raggiungono temperature troppo alte affinché l’acqua non evapori via, ma gli esperti hanno utilizzato un modello particolare per il loro studio. Si tratta dello stesso che predisse l’esistenza di Urano: «Abbiamo usato la Legge di Titius-Bode e i dati provenienti da Kepler per predire la posizione dei pianeti che lo stesso telescopio non riesce a vedere», ha concluso Lineweaver.
Il lungo dibattito sull'esatta collocazione della zona abitabile.
Il dibattito nel mondo accademico sulla vita al di fuori della Terra è sempre vivo e negli ultimi anni si è spostato sulla definizione della cosiddetta zona abitabile, quella parte di un sistema planetario in orbita attorno a una stella dove si verificano tutte le condizioni adatte alla vita. A cominciare dalla presenza di acqua allo stato liquido, perché dove c’è quella potrebbe, in linea teorica, esserci la vita. A febbraio del 2013 i ricercatori del Dipartimento di Geoscienze della Penn State University, negli Stati Uniti, guidati da Ravi Kumar Kopparapuavevano sviluppato un nuovo modello informatico per determinare se un esopianeta ricadesse nella zona abitabile, dove potrebbe mantenere l’acqua allo stato liquido: più un pianeta è vicino alla sua stella madre, infatti, e prima l’acqua presente evapora; vale anche il processo contrario, quindi più è lontano e più l’acqua si trasforma in ghiaccio. Comparando i nuovi risultati con i modelli precedenti, i ricercatori avevano scoperto che la zona abitabile è più lontana dalle stelle rispetto a quanto ritenuto precedentemente.

Kopparapu e i suoi studenti avevano utilizzato i dati aggiornati dei database sull’assorbimento dei gas serra (HITRAN e HITEMP). I database forniscono molte informazioni più precise sull’acqua e sull’anidride carbonica rispetto al passato e hanno permesso al team di ricerca di costruire nuove stime rispetto al modello precedente realizzato da James Kasting, anch’egli professore della Penn State, che offriva un calcolo più preciso del luogo in cui le zone abitabili possono trovarsi rispetto al loro sole. Secondo le stime del modello del 2013, la Terra si troverebbe quasi al confine estremo di questa zona:  il modello non tiene conto però del contributo dalle nubi, che riflettono le radiazioni solari e stabilizzano il clima.

Utilizzando le tecnologie della Penn State e dell’Università di Washington, il team era stato in grado di ricostruire i confini delle zone abitabili attorno ad altre stelle, oltre al Sole. Nel precedente modello, acqua e carbonio non venivano assorbiti in modo così rilevante, portando quindi a pensare che i pianeti dovessero essere più vicino alla stella per rientrare nella zona abitabile.

Con il nuovo studio, pubblicato su Astrophysical Journalmolti esopianeti sono erano usciti dalla zona abitabile, e altri pianeti ritenuti inospitali erano rientratti in questa zona.












 






















Fonte: http://www.ufoonline.it/2015/02/06/vita-nel-cosmo-una-stella-standard-ha-in-media-due-pianeti-abitabili-nella-goldilocks-zone/


mercoledì 14 gennaio 2015

25 immagini che vi faranno rivalutare la vostra intera esistenza

25 immagini che vi faranno rivalutare la vostra intera esistenza

“E’ stato detto che l’astronomia è un’esperienza di umiltà e che forma il carattere.

Non c’è forse migliore dimostrazione della follia delle vanità umane che questa distante immagine del nostro minuscolo mondo.

Per me, sottolinea la nostra responsabilità di occuparci più gentilmente l’uno dell’altro, e di preservare e proteggere il pallido punto blu, l’unica casa che abbiamo mai conosciuto.” - 


1. Questa è la Terra! Qui è dove vivete ..


2. E questi sono i vostri vicini, i pianeti del Sistema Solare

3. Questa è la distanza, in scala, tra la Terra e la Luna. 
Non sembra così lontana, vi pare?
4. Pensate solo a questo. Nella distanza tra la Terra e la Luna 
si possono inserire comodamente tutti i pianeti 
del nostro Sistema Solare

5. Ma parliamo dei pianeti. 
Quella piccola macchiolina verde è il Nord America se posizionato su Giove

6. E questa è la grandezza della Terra (beh, di 6 Terre) rapportata a Saturno

7. E, solo per avere ben chiare le dimensioni, qui è come apparirebbero gli anelli di Saturno se fossero intorno alla Terra

8. Questa è una cometa. Ci abbiamo fatto atterrare una sonda. Qui la vediamo paragonata a Los Angeles

9. Ma non è niente se paragonata al nostro Sole. 
Non dimenticatelo

10. Questi siete voi visti dalla Luna

11. E qui visti da Marte

12. Questi siamo noi visti da dietro un anello di Saturno:
13. Beh, visti da Nettuno, 6,5 miliardi di chilometri più in là

14. Ma torniamo un attimo indietro. 
Questa è la dimensione della Terra paragonata al Sole. Spaventoso vero?

15. E questo è il Sole visto da Marte
16. Ma questo è niente. Ancora, come Carl disse una volta, ci sono più stelle nello spazio che granelli di sabbia su tutte le spiagge della Terra messe insieme

17. Questo significa che ne esistono di molto, molto più grandi del nostro piccolo Sole. 
Guardate come appare piccolo e insignificante:
18. Ma nessuno di questi è paragonabile alle dimensioni dell’intera galassia. 
Infatti, se il Sole venisse ridotto alle dimensione di una cellula ematica e la Via Lattea venisse ridotta utilizzando la stessa scala, sarebbe grande tanto quanto gli Stati Uniti
19. Questo perché la Via Lattea è enorme. 
Qui è dove siamo noi al suo interno
20. Ma questo è il massimo che riuscirete a vedere

21. Comunque la nostra galassia non è altro che uno scricciolo se paragonato con alcune altre. 
Qui potete vedere la Via Lattea paragonata con IC 1011, a 350 milioni di anni luce dalla Terra:
22. Ma pensiamo ancora più in grande. 
In una sola immagine scattata dal telescopio Hubble, sono visibili migliaia e migliaia di galassie, ciascuna con milioni di stelle, ciascuna con i propri pianeti
23. Questa è una delle galassie fotografate, UDF 423. Si trova a miliardi di anni luce di distanza. 
Guardando questa foto, vedete qualcosa che risale a miliardi di anni indietro nel tempo
24. Tenete bene a mente – questa immagine mostra una parte veramente piccola dell’universo. 
Una piccola, insignificante frazione del nostro cielo
25. E, sapete, possiamo tranquillamente affermare che ci siano dei buchi neri là fuori. 
In quest’ultima immagine possiamo vedere le dimensioni di un buco nero paragonato all’orbita della Terra, giusto per tranquillizzarvi

Così, se per caso vi sentite contrariati perché hanno cancellato il vostro show preferito o perché stanno già iniziando a trasmettere canzoni Natalizie – ricordate ….
Questa è la vostra casa:

Questo è quello che succede non appena vi allontanate dalla Terra nel Sistema Solare

E questo è quello che succede se vi allontanate ancora di più …

Ancora di più …

Continuate ad allontanarvi …

Ancora un pochino …
Ci siamo quasi …

Ci siamo. 
Questo è il massimo che si possa osservare dell’Universo e questo è il punto in cui viviamo. 
Come una minuscola formica in un gigantesco barattolo

Letto e condiviso da: www.incredibilia.it
Fonte: www.buzzfeed.com

LinkWithin

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...