mercoledì 28 marzo 2012

Veniamo da Orione?

Interessante articolo dal blog freeanimals....buona lettura!

Almeno a una delle famose domande, da dove veniamo, abbiamo risposto! Per le altre due, chi siamo e dove stiamo andando, ci stiamo organizzando. Naturalmente, è saggio lasciare aperto ancora per un po’ qualche interrogativo, perché non si sa mai.


Comunque, direi che mi sia stato utile partecipare venerdì 23 marzo alla conferenza “Miti e misteri egizi: loro relazione con il presente”, tenuta da Fabio Delizia a Codroipo, perché almeno sta cominciando a delinearsi pubblicamente quella che è la nostra origine extraterrestre. Noi stessi, che da millenni ci sentiamo attratti dal cielo e dall’ufologia, nonostante la nostra struttura fisica scimmiesca, abbiamo una patria da qualche parte, nel vasto universo, e i sospetti si accentrano sulla prima stella della Cintura di Orione. Già Alan Sorrenti cantava “Noi siamo figli delle stelle”, ancora nel 1977 e, assodato che con i film di Hollywood l’élite mondialista spesso lancia messaggi alla sonnolenta umanità, della cintura di Orione si parla nel primo Man in Black, con Will Smith e Tommy Lee Johns. Anche se bisognerebbe parlare più di cinturino che di cintura, visto che stava sul collo di un gatto, guarda caso proprio quell’animale adorato dagli egizi. I paleoastronauti venuti da Orione sulla Terra avranno avuto una qualche predilezione per il felino domestico? La Sfinge, infatti, non è altro che un grosso gatto e in lingua inglese anche leoni, leopardi e serval vengono chiamati cats. Se, arrivati sulla Terra dopo un lungo viaggio, prima di mettersi a manipolare i geni dell’Homo erectus, si fossero messi a giocare con i felini selvatici, ottenendo quella che i poeti chiamavano la tigre da salotto, diventa ridicolo pensare che gli egizi tenessero con sé i gatti solo per proteggere i granai dai topi. Per quello avevano già la mangusta. E diventa necessario spostare indietro la data della domesticazione del gatto, che al momento si attesta sui 5000 anni fa.

Ma, come ha spiegato Fabio Delizia, studioso d’arte piemontese, classe 1970, sono molte le conoscenze che andrebbero rettificate,
con spostamenti indietro dell’ora legale della storia dell’umanità. Purtroppo, al momento, su un Fabio Delizia che illustra gli interrogativi insoluti e le possibili spiegazioni a un uditorio interessato, ci sono mille maestrine dalla penna rossa che raccontano storielle inverosimili a legioni di scolari demotivati. Si arriverà mai ad ottenere qualche modifica dei programmi ministeriali della Pubblica Istruzione? O dobbiamo seriamente cominciare a sospettare che c’è un complotto governativo volto a tenere il popolo nell’ignoranza?

D’altra parte, sarebbe in linea con le mistificazioni compiute nei secoli dagli apparati religiosi e non ci sarebbe da stupirsi se anche nel campo della conoscenza ci viene sistematicamente tenuta nascosta la verità. I meccanismi sono sempre gli stessi: gli eretici venivano messi al rogo dalla Chiesa e gli archeologi controcorrente vengono ridicolizzati dall’archeologia accademica. La guida turistica John Anthony West, che si accorse dell’erosione pluviale alla base della Sfinge, sta ancora aspettando che qualcuno gli spieghi il perché, dato che in quella zona non piove dalla fine dell’ultima glaciazione. Robert Duvall è dal 1993 che afferma che i cosiddetti condotti di aerazione all’interno della Grande Piramide sarebbe più giusto chiamarli “pozzi stellari”, ma nei testi scolastici continuano ad essere definiti con la prima versione. Poi la faccenda, a volte, assume i toni del giallo se si pensa che i reperti trovati nei pozzi stellari che si dipartono dalla camera della regina sono spariti dal British Museum dov’erano sistemati. Che fine ha fatto la sfera di bronzo, l’uncino e quel pezzo di legno di cedro che erano sicuramente originari del periodo in cui la piramide fu costruita? Avrebbero potuto essere sottoposti alla prova del Carbonio 14, così da fugare ogni dubbio sulla data della costruzione, ma invece non si trovano più.

Altre incongruenze inerenti la costruzione della Grande Piramide – e Fabio Delizia lo ha spiegato molto bene – derivano da semplici calcoli. Secondo la storiografia ufficiale, la piramide di Cheope fu costruita in vent’anni. Poiché i blocchi di cui è composta sono 2 milioni e mezzo, gli operai avrebbero dovuto collocarne 342 al giorno, con un ritmo di uno ogni cinque minuti circa. E siccome ogni blocco pesa almeno due tonnellate e mezza, quante persone avrebbero dovuto lavorarci attorno a forza di corde e pulegge per trascinare, issare e sistemare con perfezione millimetrica quei massi uno sopra l’altro? Oltretutto, non si trattava di blocchi tutti uguali, ma di solidi con incastri pazzeschi come quelli che si vedono nei templi Inca in Perù, con volte e giravolte da far venire il mal di testa. O almeno da lasciare stupefatti.

Con la tecnologia di cui disponiamo non siamo ancora capaci di fare una cosa del genere e i libri di storia pretendono di darcela a bere, mostrando antichi operai che non conoscevano neanche la ruota e che tiravano e spingevano blocchi pesantissimi? Magari sotto le sferzate dei capimastri. Quale tecnologia avevano quegli antichi costruttori per sollevare un masso di tre tonnellate a 130 metri d’altezza? Se fosse vera la spiegazione delle rampe di legno su cui facevano scorrere i blocchi, spingendoli verso l’alto sopra tronchi rotolanti, dove sono finite le rampe stesse? Avrebbero avuto bisogno di un’intera foresta per ottenere il legname necessario. Una foresta in un deserto? E poi, i blocchi venivano da mille chilometri di distanza: come li hanno trasportati fin lì? E’ credibile che li abbiano fatti navigare sul Nilo a bordo di imbarcazioni? Con tutto quel peso? In soli vent’anni?

Io alla fine avanzerò un paio di ipotesi alternative, che non sono state dette dal relatore, ma per ora andiamo avanti con le incongruenze. Gli storici si affidano molto sulle fonti, quelle che ci sono pervenute, almeno. Ebbene, sulla costruzione delle piramidi, della Sfinge e dei due templi che furono costruiti con il materiale di riporto non c’è alcuna documentazione. Gli egizi erano abituati a documentare anche le cose più banali, come la fabbricazione di profumi e lo spennamento delle oche, ma di un lavoro immane che coinvolse qualcosa come 100.000 operai e loro famiglie non c’è nulla di nulla. Tutti gli altri monumenti sparsi per l’Egitto pullulano di geroglifici, ma sulle piramidi e sui due templi della piana di Giza, di cui solo il Tempio della Valle si presenta in maniera quasi integra, non c’è alcun segnetto inciso. Da nessuna parte. Non vi sembra un po’ strano?

Diventa meno strano se si pensa che la Piana di Giza fu predisposta da una civiltà anteriore, molto più antica dei 3.000 anni a cui si fa riferimento normalmente, e che gli egizi semplicemente trovarono i manufatti già sul posto, eredità di un popolo che essi divinizzarono senza averlo mai conosciuto.

Solo da un paio di secoli la Grande Piramide viene definita la tomba di Cheope e questo perché un archeologo dinamitardo disse di aver trovato il nome del faraone inciso nella roccia, oltretutto scritto male, all’interno della piramide. Ma la cosa curiosa è che di questo Cheope possediamo solo una statuetta di otto centimetri, mentre per altri faraoni come Tutankamon si hanno sparsi per i musei un’infinità di testimonianze, sotto forma di statue, dipinti ed effigi varie. Pure Kefren e Micerino, titolari ufficiali delle altre due presunte tombe, non avevano nulla di meno glorioso di Cheope, rispettivamente padre e nonno. E allora perché tutta la granitica gloria a Cheope e le briciole ai suoi discendenti? Di Kefren, per esempio, presso il museo egizio del Cairo, c’è un’enorme statua in diorite, che è la pietra più dura che esista e anche questo testimonia il fatto che la lavorazione dei massi veniva fatta con accuratezza e non certo in maniera frenetica.

Sempre a proposito delle fonti, assodato che in nessun papiro e in nessun geroglifico si parla della costruzione dei monumenti di Giza, cosa ci dicono gli storici dell’epoca? L’unico che avrebbe potuto dirci qualcosa è Manetone, sacerdote di Eliopolis, ma di lui ci restano solo frammenti e sono pertanto solo gli storici posteriori a riferirci il suo pensiero. E in effetti qualcosa sappiamo. Sappiamo che Manetone divide la storia del suo paese in tre parti: l’epoca in cui regnavano gli Dei, quella in cui regnavano i semidei, che erano anche semiveggenti ed erano chiamati seguaci di Horus, e quella delle trentuno dinastie dei faraoni venute dopo Menes.

Il papiro di Torino va oltre le 31 dinastie, anzi oltre il faraone Menes, che fu l’ultimo dell’epoca dei semidei. Tuttavia, succede che
gli storici se accettano come veritiere le parole di Manetone riguardanti il terzo periodo, non accettano quelle riguardanti i primi due, definendoli frutto di fantasia mitologica. Succede la stessa cosa con Platone: ci va bene finché ragiona come filosofo, ma ci va meno bene quando parla di Atlantide. In altre parole, gli storici accettano solo quello che fa loro comodo.

Eppure è nello Zep Tepi, il tempo primordiale in cui regnarono gli Dei che si nasconde la chiave di volta di tutta la faccenda. Cosa intendeva Manetone per Dei? E’ possibile che, in quanto tali, avessero strumenti divini atti ad innalzare le piramidi? Delizia ha mostrato una diapositiva in cui si vedeva un faraone gigantesco in proporzione ai piccoli sudditi che gli recavano ceste di mani tagliate ai nemici e ha spiegato che questa mancanza di proporzione dipende dal fatto che l’incisore del bassorilievo intendeva mettere in risalto la “grandezza” e la magnificenza del monarca e non tanto la sua statura fisica. A questo punto della conferenza avrei voluto far notare al relatore che Zaccaria Sitchin parla di giganti, e non solo lui, e questo cambierebbe un po’ le cose perché sollevare un blocco di tre tonnellate per un uomo alto un metro e sessanta è una cosa, ma cosa ben diversa è se a sollevarlo è un uomo di quattro o cinque metri. E’ una questione di forza fisica.

Non si può interrompere un relatore e me ne sono stato zitto, ma anche nel consueto dibattito post conferenza mi pare che nessuno abbia sollevato la questione. Ma continuiamo con i dati alternativi spiegati da Fabio Delizia.

Vista la mancanza di documenti scritti attestanti la costruzione dei monumenti di Giza, vista l’assenza di testimonianze da parte degli storici, cosa ci dicono le ultime scoperte?

A parte le molte affinità con Orione, riguardanti la posizione in cielo delle sue tre stelle principali con la collocazione al suolo delle tre piramidi; a parte la perfezione con cui la Grande Piramide guarda al nord magnetico; a parte le misure del perimetro, dell’altezza e di altri particolari che hanno tutte una correlazione con le misure della Terra, gli studiosi alternativi hanno scoperto che i nostri più lontani antenati erano dei provetti astronomi e sapevano che tra un’epoca e l’altra dei dodici segni zodiacali in cui è diviso il cielo visibile, passano 2160 anni e se al momento ci troviamo nell’era dei pesci, che sta per finire e lasciare il posto a quella dell’acquario, andando a ritroso nel tempo siamo passati attraverso quella del cancro, del toro e dell’ariete, per finire in quella del leone.

Se pensiamo che i costruttori dei manufatti di Giza volessero omaggiare la costellazione in cui vivevano, una sfinge a forma di leone, lunga 73 metri e alta 20, ci sta proprio bene. E’ azzeccata! E se pensiamo che nei secoli seguenti sono stati in auge il toro per gli assiro-babilonesi, con il bue Api per gli egizi, e l’ariete per il giudaimo, con l’agnello di Dio qui tollit peccata mundi, preannunciato nel Vecchio Testamento, per arrivare ai pesci del cristianesimo, si deve ammettere che la simbologia celeste è sempre stata di grande importanza per i nostri antenati e la Sfinge insieme alle piramidi finisce per collocarsi intorno al 10.500 avanti Cristo.

Un ragionamento che non fa una piega!

Chi c’era in Egitto 12.000 anni fa che costruiva opere architettoniche impossibili o da noi moderni ritenute tali? Posso avanzare qualche ipotesi? Fabio Delizia non se ne avrà a male? Ebbene, scartando quella teoria poco credibile secondo la quale i costruttori usassero una sostanza che scioglieva la roccia, rendendola malleabile, e permetteva di riversarla senza fatica dentro stampi collocati sul posto finale in attesa che la roccia riprendesse la sua consistenza naturale, vorrei spendere sue parole sull’ipotesi aliena.

Che non è certo una teoria recente, ma che mette d’accordo un po’ tutti, ufologi, archeologi controcorrente e indagatori del mistero. Posto che i pozzi stellari della camera del re guardano in direzione di Orione e considerati i numerosi miti non solo egizi che ci definiscono figli delle stelle, le piramidi, la Sfinge e i due templi che ne sono derivati dal materiale avanzato, furono costruiti mediante apparecchiature che vincevano la forza di gravità e che rendevano i monoliti leggeri come piume. Questo tipo di tecnologia, in possesso di altre culture sia in Sudamerica che in Cina, non apparteneva al nostro mondo ma veniva da “fuori”, magari insieme a quegli stessi scienziati alieni, che Sitchin chiama Anunnaki, che avevano poco prima preso un ominide per trasformarlo in Homo sapiens. In tal caso, si capisce che le proporzioni tra il faraone raffigurato sulla pietra e i suoi sudditi erano reali e l’atteggiamento degli esseri umani non poteva che essere di venerazione verso persone così potenti. Il Genesi li chiama Nephilim e li descrive come discendenti di angeli accoppiatisi con le “figlie degli uomini”. I greci, molto più tardi, nei loro miti parlavano di titani e altri supereroi prometeici. Per tacer di Polifemo!

Per concludere, sorvolando sulle idee di Rudolf Steiner riguardanti il nostro passato di uomini-pesce atlantidei (anche se l’antroposofo austriaco collocando il diluvio universale a 12.000 anni fa è probabilmente andato molto vicino al vero), vorrei finire con una bella frase su cui riflettere della quale ringrazio Fabio Delizia: “Vivere con la domanda ci avvicina alla risposta”.

Non so se è sua, del suo maestro Steiner o di qualche altro pensatore, ma io la trovo, ringraziando Delizia, semplicemente deliziosa. Solo chi non vive con l’assillo delle domande non si avvicinerà mai a nessuna risposta.

Fonte: http://freeanimals-freeanimals.blogspot.it/2012/03/veniamo-da-orione.html

lunedì 26 marzo 2012

In mostra il “Meccanismo di Anticitera”, l’oggetto che non avrebbe dovuto mai esistere

Lo chiamano “il primo computer del mondo” e non è un’esagerazione, anche se- quando è stato costruito- non esistevano ancora nè circuiti nè internet. È il “meccanismo di Anticitera”, lo straordinario manufatto scoperto in un relitto davanti alla costa di questa piccola isola greca. A partire dal prossimo 4 aprile verrà presentato al pubblico, per la prima volta, in una mostra speciale al Museo Archeologico Nazionale di Atene.


Era il giovedì di Pasqua del 1900, quando alcuni pescatori di spugne, gettandosi nel mare a poca distanza da Creta, trovarono coperta da alghe ed incrostazioni una nave romana naufragata almeno duemila anni prima. Pochi mesi dopo, una spedizione archeologica organizzata dal Governo greco individuò sott’acqua quell’eccezionale strumento composto da ruote dentellate ed ingranaggi che lo facavno assomigliare ad un orologio ante litteram.
Il relitto, infatti, risaliva probabilmente all’80 a.C, ma il prezioso carico che trasportava verso Roma era ancora più antico, forse del III-II sec a.C e di provenienza ellenica. In greco sono infatti le parole incise su quest’oggetto che più di tutti, da subito, ha attirato l’attenzione e solleticato la curiosità degli studiosi per la sua peculiarità.
Il Meccanismo di Anticitera non è un semplice astrolabio, non è un planetario e nemmeno uno strumento per la navigazione: è tutte queste cose insieme e molto di più. Dopo oltre un secolo di indagini e di studi, anche con tecniche sofisticate ( la Tac ha evidenziato i minutissimi e perfetti ingraggi di cui è composto), si è arrivati alla conclusione che si tratti di un calcolatore astronomico, il più antico di cui si abbia traccia ed incredibilmente avanzato.
Questa sorta di cosmografo infatti era così preciso che poteva contemporaneamente mostrare l’orbita di Marte, di Mercurio e delle costellazioni zodiacali, indicare le fasi lunari, fungere da calendario secondo il computo egizio di 365 giorni e annunciare quando e dove si sarebbero svolti i Giochi Panellenici, ospitati ogni quattro anni da una diversa città.
Non basta: era tanto accurato da riconoscere l’esistenza degli anni bisestili, ufficialmente istituiti dal calendario giuliano circa 100 dopo. E ancora, sapeva calcolare i movimenti della Luna rispetto al Sole e alla Terra utilizzando il Ciclo Metonico, il Ciclo Callippico, il Ciclo Exeligmos ed il Ciclo Saros. Senza entrare nei dettagli- perchè il discorso rischia di farsi davvero molto tecnico- in questo modo il Meccanismo di Anticitera poteva prevedere senza errori tutte le eclissi.
Ancora oggi non c’è certezza, tra gli esperti, su chi sia stato l’inventore, ventun secoli fa, di uno strumento del genere. A partire dal III sec. a.C, grazie agli studi di Apollonio di Perga ed Ipparco di Nicea, le conoscenze del mondo ellenico in campo astronomico erano molto approfondite ed era possibile trasformarle concretamente in un complesso strumento che rappresentasse i movimenti celesti.
La personalità più adatta sembra essere quella di Poseidonio di Rodi- un vero genio universale esperto di geografia, filosofia, letteratura, matematica, astronomia… Operava proprio nelle isole Ionie, vicino a dove è stato recuperato il relitto. A smontare questa tesi, però, due elementi: la totale mancanza di qualsivoglia riferimento a questa sua presunta scoperta nei testi antichi e soprattutto la lingua utilizzata per le iscrizioni trovate sull’oggetto. Le scritte sono infatti in dialetto corinzio, diverso da quello parlato a Rodi.
Un altro punto ancora da chiarire è come sia stato possibile costruire il Meccanismo di Anticitera. Un conto infatti è contemplare, in teoria, che le nozioni scientifiche dei tempi permettessero l’ideazione di questo computer dell’antichità; un altro, però, è capire come, in pratica, gli artigiani dell’epoca abbiano potuto realizzarlo.
La strumentazione era in bronzo ed era formata da rotelle, molle e altri parti meccaniche di dimensioni anche molto piccole, dalle dentellature millimetriche, eppure tagliate in modo precisissimo per garantire il perfetto funzionamento dei complessi ingranaggi. Un problema non trascurabile, con il quale ha dovuto anche fare i conti una nota fabbrica di orologi che ha voluto riprodurre, con la tecnica moderna, questa meraviglia del passato.
Per prima cosa, gli orologiai dei nostri tempi hanno rinunciato al bronzo, preferendo l’acciaio. Volendo ridurre le dimensioni, per trasformarlo in modello da polso, hanno poi dovuto utilizzare il laser, per preparare le singole componenti. Sono così riusciti a realizzare un orologio che riproduce 10 delle funzioni del meccanismo recuperato dai fondali. Ne sono state fatte solo quattro copie: una verrà consegnata al Museo ateniese che lo esporrà insieme all’originale.
La mostra presenterà al pubblico tutti i tesori rinvenuti all’interno del relitto, nella prima compagna del 1900/1901 e nella seconda, condotta nel 1976. Sculture, monete, gioielli, ceramiche, oltre 380 manufatti rinvenuti nella stiva delle nave colata a picco prima di portare la pregiata merce ai ricchi patrizi romani. Ovviamente, al centro dell’esposizione ci sarà proprio il calcolatore astronomico di Ancitera, da molti considerato un Oop Art- Out of Place Artifact, insomma un oggetto fuori dal suo tempo, che non avrebbe mai dovuto esistere, un vero e proprio anacronismo di difficile interpretazione.

Fonte: http://www.extremamente.it/2012/03/24/in-mostra-il-meccanismo-di-anticitera-loggetto-che-non-avrebbe-dovuto-mai-esistere/

Extraterrestri nella preistoria

In un'antica icona di stampo medievale possiamo osservare una lancia infuocata posarsi sul monte Sinai causando un incendio, dinnanzi a un esterefatto rabbino. O se ci portiamo in Jugoslavia, nel monastero ortodosso di Visoka Decani, troviamo un affresco trecentesco che illustra la morte di Cristo sul Golgota. E, alle spalle di Cristo, due uomini che sembrano inseguirsi dentro strane astronavi a forma rispettivamente di sole e di luna. Sebbene molte di queste opere pittoriche possano in realta' essere rilette piu' convenzionalmente ( gli angeli in astronave di Decani potrebbero essere due beati dentro gli astri, secondo una concezione eretica catara), i continui ritrovamenti di raffigurazioni insolite hanno generato la 'clipeologia'. Si tratta di un settore dell'ufologia che trae il suo nome dai clipei ardentes, gli ' scudi infuocati' descritti dallo storici latino Tito Livio nei suoi Annali, scudi e travi che sfrecciavano in cielo spaventando la popolazione, che li interpretava come cattivi presagi.


Questo tipo di ricerca e' stata introdotta dallo svizzero Erich Von Daeniken e portata avanti da ricercatori quali Peter Kolosimo, Robert Charroux, Raymond Drake, Alexander Kazantsaev, Jean Sendy, Umberto Telarico, Ion Hobana (in assoluto il piu' competente ricercatore). Le finalita' di questo studio sono sorprendenti: dimostrare che creature extraterrestri visitarono la Terra agli albori della civilta' umana, forse modificando l'uomo preistorico, o la scimmia, per trasformarlo in un essere intelligente. L'ala piu' 'moderata' del movimento si limita a sostenere che i dichi volanti sono comparsi anche nel passato, forse per studiare la nostra evoluzione, a volte imprevedibili. Una delle piu' antiche testimonianze a favore di queste tesi ci giunge dal lontano Oriente, per bocca di Von Daeniken.

Il Bayan Kara Ula e' una regione montagnosa fra Tibet e Cina. Cola', nel lontano 1938, l'archeologo cinese Chi Pu Tei scopri' in una caverna una fila di tombe contenenti piccolo scheletri dagli enormi crani, accanto ai quali si trovavano circa 700 dischi di granito, larghi mezzo metro e finemente decorati da geroglifici. La traduzione di tali incisioni, a opera del professor Tsum Um Nui (un giapponese), sarebbe stata sorprendente. Vi si narrava di strani esseri scesi 12.000 anni addietro sulla Terra e ferocemente attaccati dai primitivi. Era la cronaca di un remoto incontro ravvicinato? Penso invece sia un falso. Per sostenere le sue tesi, Von Daeniken asserisce che il tema del dio sceso dal cielo per contattare e ammaestrare i primitivi e' comune nel mondo. Lo si trova continuamente nei testi epico-religiosi, talvolta affiancato da inquietanti immagini. In altre parole, i misteriosi dei altro non sarebbero che potentissimi extraterrestri a bordo di navi intergalattiche. A sostegno della sua tesi, il ricercatore svizzero accosta i dischi tibetani a quello impugnato da una mistriosa divinita' bifronte raffigurata in un'incisione millenaria nella grotta di Fergana, in Russia. Fatta conoscere dal dott. Wjaceslav Zaisev, la pittura ruprestre mostra il dio con una sorta di casco e un guanto. In mano un disco coperto da una serie di tratti simili all'alfabeto Morse; alle sue spalle, il disegno piu' inquietante. Chiarissimo, un disco volante in volo e, a terra, un omino con tre occhi, un casco con antenne e una pistola in mano. Se questa pittura fosse risultata autentica, sarebbe stata la prova definitiva del passaggio di un extraterrestre nella preistoria!

Ma purtroppo lo studioso rumeno Ion Hobana ha scoperto trattarsi di un moderno disegno, opera di Zaisev, spacciato da Von Daeniken per un antichissimo reperto. Il disegno, nelle intenzioni di Zaisev, doveva comunque raffigurare il modo con cui un nostro antenato avrebbe potuto immaginare il primo incontro alieno della storia.
A sostegno delle proprie teorie, Von Daeniken propone un'incisione vecchia di 7000 anni, sulla tomba Katsuhara a Matsubase, provieniente dalla baia delle Fiamme Enigmatiche, in Giappone, che riproduce perfettamente un razzo con alettoni in volo. La configurazione del veivolo sembrerebbe dimostrare che le civilta' interplanetarie hanno seguito la nostra stessa evoluzione tecnologica. Ma cosa vogliono, e volevano, questi inafferrabili dei? Se seguiamo le tradizioni antiche, essi vennero per dirozzarci. Per gratitudine, gli indigeni custodirono l'immagine di questi esseri e li divinizzarono. Ma alcuni ricercatori si spingono ancora piu' oltre: gli extraterrestri, in realta', sarebbero i nostri creatori. Le prove? Nei libri sacri di tutto il mondo.
Helena Petrovna Blavatsky era un'originale viaggiatrice vissuta nel secolo scorso, che spese parte della propria vita alla ricerca di insegnamenti esoterici in Egitto, India,e Tibet. In quest'ultima nazione, la controversa esploratrice avrebbe visto, in una lamaseria custodita da monaci buddisti, un antichissimo testo cosmogonico, che la tradizione voleva "anteriore alla creazione del mondo". Il libro, intitolato 'Le stanze di Dzyan' riportava, nel secondo capitolo, la cronaca della creazione di uomini mostruosi a opera di sei scesi dal cielo, divinita' planetarie conosciute con il nome di Dhyani, che secondo i clipeologi, altro non sarebbero che "esseri spaziali discesi sulla Terra in tempi remoti col compito di sterminare razze-prova ed esseri mostruosi". Su questa linea il ricercatore Valentino Compassi, conoscitore delle religioni orientali che interpreto' come segue un 'grano' della 'Stanza II' del testo. "La ruota giro' per trenta crore ancora. Dopo trenta crore si rivolse. Giacque sul dorso, sul fianco. Essa creo' dal proprio grembo . Sviluppo' uomini acquatici, terribili e malvagi. I Dhyani vennero e guardarono. Vennero dal lucente Padre-Madrem dalle Bianche Regioni, dalle Dimore dei Mortali Immortali. Essi furono malcontenti. Non dimore per le vite. Le fiamme vennero. I fuochi con le scintille; i fuochi della notte e i fuochi del giorno. Essi prosciugarono le oscure acque torbide. I L'ha dall'alto e i Lhamayin dal basso vennero. Essi uccisero le Forme che avevano due e quattro facce. Combatterono contro uomini-capra e contro uomini dal capo-di-cane e contro gli uomini dal corpo di pesce...".

"Venire dalle Bianche Regioni e dal Lucente Padre-Madre", spiega Compassi, "significa venire da un punto lontanissimo della galassia, se non da un'altra galassia. E per coloro che percorrono tali distanze l'immortalita' potrebbe essere un fatto automatico. Sta di fatto che i Dhyani vennero e, con l'aiuto dei L'ha e di Lhamayin in una vera e propria azione d'attacco, distrussero le forme mostruose che popolavano un settore della Terra; forse una razza-prova non perfettamente riuscita...". Sebbene il libro probabilmente non esista - nessuno l'ha mai visto - il testo potrebbe derivare da narrazioni locali autentiche. Extraterrestri creatori dell'uomo? Sono in molti a pensarlo, soprattutto quando si mettono a confronto i piu' antichi poemi cosmogonici. Prendiamo, per esempio, il Popol Vuh, il libro sacro dei Quiche' del Guatemala, un testo privo di contaminazioni del mondo occidentale, che curiosamente mostra straordinari parallelismi con la Genesi biblica: "(Gli dei) dissero: 'Non sara' ne' gloria ne' grandezza nella nostra creazione, finche' non sara' formato l'uomo'... Poi passarono alla creazione, alla formazione: dalla terra, al fango fecero la carne dell'uomo". Una storia che ci rammenta immediatamente la vicenda di Adamo. E non solo quella, visto che la creazione dell'uomo di fango parrebbe essere patrimonio comune dell'umanita'. L'uomo che nasce dalle pietre compare nel mito greco di Deucalione, nella mitologia giapponese dei guerrieri Haniwa che nascono dalle viscere della terra, nella nascita del dio Mitra, generato dalle pietre. La tradizione ebraica in un bassorilievo egiziano del tempio di Luzor il dio creatore Chnum modella i corpi umani con la creta, su una ruota di vasaio. Stranamente il poeta greco Aristofane (ca. 400 a.C.) definiva l'uomo "un'immagine di creta". Un' analoga concezione compare nella radice della parola latina homo (uomo) che deriva da humus, terra.

Il riferimento piu' immediato si ritrova nella Genesi, allorquando un misterioso dio (Yahweh Elohim nei testi originali) plasma il primo uomo dall'argilla e gli soffio' nelle narici per portarlo alla vita. Ma il primo verso della Genesi, "In principio Iddio fece il cielo e la terra", se letto nell'aramaico originale, causa non poche perplessita'. "in principio Elohim fece i cieli e la terra", riporta la versione ebraica, e lo sconcerto nasce nel momento in cui si apprende che la parola "Elohim" significa "gli Dei". Quindi non un dio, ma piu' divinita', che, assieme, formano e plasmano l'universo. I Costruttori e i Formatori, come vengono chiamati nel Popol Vuh. Inoltre, nel febbraio del 1990, un cattedratico sovietico, il professor Vladimir Scherback (un curioso personaggio convinto che l'uomo di Cro-Magnon provenisse da Atlantide), stupiva il mondo scientifico con una conferma "biochimica". il russo, studiando attentamente l'immagazinamento delle informazioni genetiche, aveva scoperto una serie di relazioni piu' antiche di quelle conosciute. Le relazioni simmetriche del DNA si combinavano, secondo il cattedratico, seguendo uno schema vecchio tre miliardi e mezzo di anni e pertanto anteriore alla comparsa dell'uomo su questo pianeta. Da qui l'ipotesi che le simmetrie di "secondo livello", quello piu' profondo, fossero giunte sulla Terra grazie a un microrganismo inviato da 'esseri razionali presenti nell'universo' che , in tal modo, avrebbero fecondato altri pianeti, con una sorta di seme cosmico geneticamente manipolato. "Se si attraversava la preistoria con gli occhi aperti", scriveva lo studioso di mitologia R. Steinhauser, "ci si imbatte in una certa quantita' di prove ce indicano che in passato alcuni cosmonauti hanno soggiornato sulla Terra, hanno insegnato agli uomini, hanno trasmesso loro conoscenze, li hanno portati con se' e in certi casi si sono mescolati a loro, mentre altre volte li hanno annientati, come nel caso di Sodoma e Gomorra.

"Se da tonnellate di pietre non riusciamo a estrarre che qualche grammo di radio e se per portare alla luce vecchie navi si devono togliere strati di conchiglie di vari metri di spessore, gli stessi sforzi devono essere impiegati per liberare e filtrare l'autentico sapere degli antichi. Si puo' riconoscere la veridicita' di quei fatti e continuare a studiarli oppure rigettarli in blocco, ma quest'ultima soluzione appare sempre piu' difficile. E' naturale che in tal modo ci si trovi di fronte a indicazioni che non possono costituire prove conclusive e che a tutta prima sembrano frutto di un'immaginazione sfrenata, ma che poi, dopo matura riflessione, divengono illuminanti". Fra i tanti misteri che passano sotto il silenzio troviamo le misteriose raffigurazioni delle grotte del Sahara, vecchie di migliaia di anni e raffiguranti strani esseri con caschi da astronauta. Ci troviamo nella "Fase delle teste rotonde", 7000 a.C. Il Sahara ha una vegetazione rigogliosa, con laghi e fiumi. Le popolazioni negroidi vivono di caccia, pesca e raccolta di frutti. Ed ecco strani oggetti discoidali scendere dal cielo, lasciare sull'erba tracce circolari e uscirne "divinita'" con caschi, guaine attorno al collo e ai polsi e vestiti aderentissimi. Cosi', nelle rocce del Tassili, l'archeologo Henri Lhote trovava un'intera galleria di uomini in processione, tutti con un casco in testa, munito di antenne. In un'altra parte della grotta, un individuo completamente inguainato, con stivaloni e un casco con due giganteschi cerchi concentrici al posto degli occhi. Se non sapessimo che l'incisione e' antichissima, potremmo scambiarlo per un sommozzatore. Ma e' nella parte piu' alta della parete della grotta dei Tassili-n-djaer cheLhote ritrovera' la piu' famosa di queste incisioni, il "Grande Dio Marte".

Una figura alta due metri, dal corpo immenso e, al posto del viso, un gigantesco casco, chiuso sul collo da una spessa guarnizione. Prendeva corpo allora l'ipotesi del dio giunto sulla Terra per ammaestrare gli uomini, un dio sin troppo umano ma dotato di una tecnologia strabiliante, in grado di muoversi su un 'carro di fuoco' la cui descrizione lascia intravedere una potentissima struttura meccanica di origine non terrestre. Tracce di queste aeronavi compaiono in ogni epoca e in ogni luogo. In una Bibbia tedesca del XVII secolo e' raffigurata l'apparizione dell'angelo dell'Apocalisse, forse nella visione di un mistico teutonico. L'angelo ha due gambe metalliche stranamente simili a quelle dei nostri LEM. Sempre nella Bibbia, e' descritta la visione di Ezechiele, il profeta ebraico che, nel deserto, vide volare una macchina composta da strani ingranaggi, forme infuocate e ruote concentriche. Sulla base di queste descrizioni un ingegnere della NASA, Joseph Blumrich, inizialmente scettico , realizzo' un modello grafico dal quale dedusse che la misteriosa visione non riguardasse la "gloria di Dio" ma bensi' una macchina volante . Allo stesso modo un anonimo pittore raffiguro' la visione d'un veivolo con ruote, ali e una sfera presumibilmente abitata, interpretando il tutto come la ripetizione dell'ascensione di Gesu' in cielo. La preziosa miniatura risale al VI secolo ed e' inserita nel 'Codice di Rabula', custodito nella biblioteca Laurenziana di Firenze.

Stesso discorso sul 'fronte induista'. Negli antichissimi poemi epici dell'India, quali il Ramayana, il Vimanika Shastra, il Samarangana Sutradhara, vecchi di 5.000 anni, si parla di misteriose vimana che sfrecciavano in cielo, la cui ricostruzione, secondo l'attuale tecnologia, presenta un'aeronave a piu' motori dalle prestazioni eccezionali. E tutta la storia antica e' costellata da dei armati con macchine volanti, tutti con l'identica missione di indirizzare l'uomo sulla via tecnologia, dopo avergli insegnato a vincere le proprie ataviche paure.
Il cinese Tsu-Yu giunge su un carro di fuoco per sterminare i varani che distruggono i raccolti degli indigeni; gli dei sumeri sfrecciano in cielo dentro bolle trasparenti, giungendo direttamente dalle Plejadi; dal cielo giungono sulla Terra esseri bellissimi, quali il tebano Osiride o l'indiano Krishna, iniziatori di culti rigidamente organizzati. Dalle viscere della terra escono Mitra e Tarchies. Quest'ultimo, descritto con un abito argenteo, insegna agli etruschi a dividere e cintare i campi, a istituire il diritto e la religione, analogamente la mitica babilonese Semitramide, vestita sempre non una tuta "aderente come una pelle" insegna a un popolo non suo il segreto dell'arco a sesto acuto e la tecnica dei giardini pensili, una delle sette meraviglie del mondo. Stesso discorso per il mitico Romolo, il fondatore della citta' eterna, volato in cielo dopo aver fondato la legge e il culto. Non molto differentemente dall'ateniese Licurgo, il mitico legislatore scomparso nel nulla. Tutti questi esseri leggendari erano in realta' divinita' extraterrestri? Sicuramente erano uomini, almeno a detta dello storico cristiano Tertulliano, autore dell' Apologeticum.

Se ci portiamo in Bolivia, a Tiahuanaco, troviamo l'antichissima Porta del Sole. Cola' vi e' scolpito il dio Kon-Tiki, colui che scendeva dal cielo muovendosi sulle acque. Kon-Tiki ha un casco raggiato e impugna armi sconosciute. Ai suoi lati, 42 figure (metope) si ripetono alternandosi e vengono illuminate a fasi alterne dal sole nei suoi spostamenti.
Un'analisi al computer ha rivelato - secondo Von Daeniken - che le 42 metope rappresentano le altrettanti fasi di rivoluzione del pianeta Venere. E fin qui non vi sarebbe nulla di strano, se non sapessimo che il bassorilievo e' antichissimo e gli indigeni non potevano assolutamente conoscere la rivoluzione di Venere...Qual era stata dunque la loro fonte d'informazione? A Oaxaca', in Messico, ne Tempio della Morte gli archeologi han ritrovato un piccolo pettorale raffigurante il dio della morte. Curiosamente, il pettorale del dio e' coperto da strani simboli, linee e punti, che altro non sono che date e numeri secondo i caratteri aztechi e mixtechi. Niente di strano dunque, se Von Daeniken non si dicesse sicurissimo che i simboli corrisponderebbero in realta' ai collegamenti di un modernissimo circuito integrato.... Il caso piu' sconcertante, in questo senso, e' rappresentato dai Dogon, una popolazione ferma all'eta' della pietra, scoperta negli anni Trenta nel Mali, fra i monti del Bandjagara. Ogotemmeli, il vecchio stregone locale, mise a parte delle sue conoscenze l'etnologo francese Marcel Griaule, per primo accettato nella comunita'.

Il vecchio narro' la complessa cosmogonia Dogon. Nella notte dei tempi, per ordine del dio Amma, otto creature acquatiche, i Nommo, erano scese sulla Terra per istruire gli uomini. La macchina volante dei Nommo produsse un gran fragore e sollevo' molta polvere. Gli esseri si dimostrarono gentili e dissero di provenire da Potolo, una stella fatta 'della materia piu' pesante dell'universo'. Durante il loro viaggio, i Nommo avevano visto un pianeta con anelli (Saturno), uno con molte lune (Giove) e uno, un satellite della Terra, morto e disseccato: la Luna. Ancora, i Dogon, grazie ai Nommo, sapevano che i pianeti ruotavano attorno al Sole e l'architettura dei loro santuari presentava precisi riferimenti a Venere. Spiegavano correttamente la rotazione terrestre e intrecciavano canestri che, una volta aperti e srotolati, risultavano essere mappe stellari della via Lattea! Ma c'era di piu'. I Dogon disegnavano la rotazione di Sirio B, una stella invisibile a occhio nudo e fino a qualche decennio fa ignota ai nostro astronomi, quasi con la stessa precisione dei nostri studiosi, ponendo un'altra stella, Sirio A, non al centro ma in uno dei fuochi dell'ellisse. Questo sistema binario Sirio A-Sirio B altro non era che un sistema Digitaria-Potolo da cui i Nommo dicevano di venire!

Quando lo studiose Robert Temple ebbe modo di leggere i resoconti di Griaule, essendo un discreto conoscitore dell'astronomia rimase sbalordito scoprendo che i Dogon sapevano da secoli di Sirio B, una stella mai vista a occhio nudo, la cui esistenza era stata confermata in quegli anni dai telescopi. Sirio B era invisibile in quanto era una 'nana bianca', cioe' una stella piccolissima ultracompatta e per questo pesantissima. Composta, appunto, "della materia piu' pesante dell'universo".Ma i Dogon non sono gli unici fra i popoli che hanno ricevuto conoscenze 'impossibili' dagli dei.
In Armenia e' stato rinvenuto di recente un tempio i cui massi sono disposti con precisione millimetrica in modo tale da rappresentare il moto di stelle visibili a occhio nudo, mentre in Uzbekistan una spedizione scientifica ha rinvenuto in una grotta un'incisione che mostra con estrema precisione il lato oscuro della Luna...

fonte: http://www.altrogiornale.org/news.php?extend.7621

venerdì 23 marzo 2012

Misterioso rottame rinvenuto in Siberia.

Guardate le immagini di quest’oggetto rinvenuto in una remota località della Siberia. E’ accaduto a Otradnensky, un villaggio situato a circa 2000 Km da Mosca.




Lo strano rottame, attualmente sotto custodia della polizia, è stato ritrovato alcuni giorni fa, portato via dalle autorità in una località segreta e studiato dagli scienziati dell’Agenzia Spaziale Russa. In una nota delle ultime ore, l’ente spaziale ha escluso si tratti di tecnologia spaziale conosciuta e solo ulteriori ed approfonditi esami potranno permettere agli scienziati di fare delle ipotesi. Sembra sia fatto di una lega molto resistente (forse titanio). Al momento le autorità escludono si tratti di particolare tipo di razzo, missile o satellite. Non emette alcuna radiazione, è concavo all’interno (per cui ci si può vedere dentro) ed è vuoto. Si esclude possa essere pericoloso per la popolazione.
L’oggetto in questione, di colore argenteo e del peso di circa 200 Kg., assomiglia ad un grosso bidone metallico con sopra un congegno a forma di U che termina con una parte arrotondata sull’estremità.

fonte: http://danilo1966.iobloggo.com/

mercoledì 7 marzo 2012

Rivelati gli X-files del Cile: “Gli Ufo esistono, ma non sappiamo cosa siano”

Un pilota di un caccia comunica l’avvistamento di un oggetto volante misterioso, che sta intersecando la sua rotta senza autorizzazione nei cieli sopra Santiago del Cile. Ad un certo punto dice alla torre di controllo: “Roger… In questo momento non lo vedo più. Ma prima l’ho visto in modo forte e chiaro…Sembrava una nuvola, era camuffato come una nuvola, ma con un movimento irregolare.” Lo stesso, strano oggetto viene segnalato, in quella stessa area, negli stessi minuti, anche da due aerei di linea.


UNO DEI TANTI CASI UFOLOGICI SEGNALATI OGNI ANNO IN CILE
L’episodio è avvenuto il 24 giugno del 2010 ed è noto come il “Caso Pelican”, dal nome del velivolo militare coinvolto. È uno dei tanti, inspiegabili fenomeni avvenuti in Cile resi noti dall’ex generale dell’aeronautica Ricardo Bermudez, ora direttore del CEFAA (Comitato degli Studi per i fenomeni aerei anomali), che fa parte della DGAC, l’Agenzia per l’Aviazione Civile del Cile, equivalente al nostro ENAC.
Il 21esimo Congresso Internazionale sugli Ufo, che si è svolto nei giorni scorsi a Fountain Hills, in Arizona, si può a buon conto definire “storico”, perchè proprio durante i lavori del convegno l’ex alto ufficiale ha illustrato, con tanto di prove audio-video, gli X-files del suo Paese. Una “disclosure” pubblica, che – visto il ruolo rivestito da Bermudez- non può non aver avuto l’autorizzazione del Governo.
Lo ha in fondo affermato lui stesso, dicendo nel corso del suo intervento: “Abbiamo l’appoggio di ciascun ramo delle nostre forze armate e della polizia. Crediamo che il fenomeno Ufo sia lo stesso in tutto il mondo e per questo intratteniamo rapporti con gli investigatori provenienti da 14 paesi”. Dunque, il Cile considera gli avvistamenti di oggetti volanti non identificati molto più di semplici allucinazioni, bufale o eventi naturali privi di interesse. Anzi: li studia con molta attenzione. E preoccupazione, per il bene della Nazione.

IL GENERALE BERMUDEZ DURANTE IL SUO INTERVENTO IN ARIZONA
Nel 2008 infatti il Parlamento cileno ha approvato una norma nota come “Legge sulla trasparenza”, che obbliga tutti gli enti dello Stato a rispondere entro 20 giorni alle domande dei cittadini su tutto ciò che riguarda eventi di pubblico interesse. “Questo è il nostro modo di affrontare il problema: apertamente e liberamente“, ha rimarcato il direttore del CEFAA che in virtù di questo principio ha illustrato i casi ufologici più singolari avvenuti nei cieli cileni, corredati da documenti eccezionali.
Mentre infatti gli altri Governi che finora hanno aperto i loro archivi in materia ( come Gran Bretagna, Nuova Zelanda, Francia) si sono limitati a declassificare essenzialmente i dossier cartacei, il Cile ha invece deciso di rendere pubblici anche molti filmati, foto e registrazioni dei dialoghi radio intercorsi tra i piloti e la torre di controllo. “L’agenzia per l’aviazione civile deve garantire la sicurezza di tutte le attività aeree nel Paese, per questo il nostro ente ha accesso immediato a tutte queste informazioni, prima tra tutte le comunicazioni di volo ”, ha spiegato l’ex generale.


IL CILE STA RENDENDO PUBBLICI I DOCUMENTI SUGLI UFO
Sette i casi esposti durante la conferenza. Come la collisione mancata per un soffio con un mezzo volante estraneo avvenuta all’aeroporto di Puerto Montt, nel 1988, o l’avvistamento registrato al Chacalluta Airport di Arica, nel 1997. In quest’ultimo episodio, ad esempio, dopo che un velivolo militare ha avvistato un oggetto volante non identificato, la voce dell’operatore sulla torre di controllo dice: “Abbiamo avuto diverse chiamate che sostengono la presenza in questo settore di un UFO. . . Siamo in allerta per qualsiasi rapporto. . . Il pilota riferisce a ore 3 un oggetto che si muove a velocità incredibile . .. testuali parole…”
E ancora, un Ufo avvistato da tre aeromobili commerciali in avvicinamento all’aeroporto Internazionale Pudahuel di Santiago. Nel nastro registrato, si sente chiaramente uno dei piloti dire:”Dà l’impressione di essere un treno con tanti finestrini, si vedono benissimo”. Un’immagine riferita, su diverse frequenze, dagli equipaggi dei tre differenti velivoli che descrivono la stessa situazione. Ricordiamo, ovviamente, che tutto avveniva mentre i jet erano in volo. E i treni non volano…
Bermudez ha poi esposto il “Caso Pelican”- che ha visto coinvolti, ancora una volta, tre aerei distinti. Parlando alla torre di controllo, il pilota del Pelican chiede insistentemente conferma di traffico aereo al di sotto del suo jet, avendo visto passare due oggetti a velocità impressionante da due direzioni opposte. Ma sul radar non risulta nulla e l’operatore replica: “Non ho alcuna informazione a proposito”. Ma il militare insiste: “Li ho visti chiaramente: il primo a circa 3mila piedi sotto di me, l’altro è arrivato da est verso ovest. Non saprei cosa fossero, andavano troppo veloci!”


UN AEREO E UNO STRANO OGGETTO VOLANTE, IN UNA RIPRESA DELLA TV CILENA
“Pensate un attimo- ha detto il relatore al pubblico del convegno- Se un pilota di linea di grande esperienza mi dice di aver visto qualcosa volargli davanti, io lo sto ad ascoltare; se un secondo pilota di linea mi dice la stessa cosa pochi secondi dopo, la mia attenzione aumenta; ma se addirittura un terzo pilota, per giunta militare, conferma il racconto, io sono portato a crederci. Ma in questo specifico fatto abbiamo un solo Ufo che si avvicina ai tre velivoli oppure abbiamo due Ufo? Perchè, se ne abbiamo uno solo, la sua stupefacente velocità non corrisponde a nulla di nostra conoscenza.”
Ma l’episodio più clamoroso indagato dal CEFAA è avvenuto il 4 novembre del 2010, mentre all’Accademia militare di El Bosque, a Santiago, era in corso una cerimonia ufficiale per il cambio della guardia ai vertici dell’Aeronautica cilena. Era in corso una parata aerea: uno spettacolo ammirato anche dal Presidente Sebastian Piñera, oltre che dalle massime autorità civili e militari dello Stato sudamericano. Il tutto, davanti a decine di cameramen, fotografi e videoamatori.
Nessuno si è accorto di nulla durante la cerimonia. Eppure, sembra molto probabile che qualcuno si sia presentato senza invito, forse per controllare da vicino l’andamento della giornata, come emerge da ben sette filmati girati da mani diverse analizzati dagli esperti dell’agenzia diretta da Bermudez. Tutti hanno ripreso un oggetto metallico sconosciuto di forma quasi circolare che a velocità sorprendente si muove in mezzo ai velivoli militari- Falcon, F5 e F16- che sfilano volteggiando in cielo.

L'UFO AVVISTATO DURANTE UNA CERIMONIA AD EL BOSQUE NEL 2010
Un frame- ricavato da uno dei video- mostra perfettamente l’intruso volare accanto ai Falcon. Un’altra immagine, tratta da un altro filmato, lo raffigura ancora: stavolta vicino agli F5 in formazione. Non si tratta di un fotomontaggio: le analisi hanno accertato che l’oggetto presenta la stessa ombra dei jet militari e il suo raggio era di tra i 5 e 10 metri. Lo stesso, misterioso disco volante poi si palesa per la terza volta, in un altro video girato durante l’esibizione degli F16.
“Se pensate che non sia sufficiente, ho un’altra sorpresa per voi”, ha detto Bermudez all’uditorio. “In questo filmato, esso compare per una frazione di secondo. I nostri astronomi più scettici hanno calcolato che la sua velocità doveva essere 18 volte quella dei caccia F16, ovvero più di 10mila km all’ora. E non era nè un meteorite, nè una cometa o spazzatura spaziale, nè tantomeno un uccello.”

L'IMMAGINE DELL'UFO VICINO AGLI F5 IN VOLO
L’esame tecnico ha poi dimostrato che l’Ufo ha effettuato una manovra ad alto rischio, passando davanti ai Falcon da ovest verso est, volando a bassa quota ed a folle velocità. Inoltre, il rapporto sostiene che l’oggetto presentava una forma ellipsoidale e rifletteva la luce come se fosse metallico. Infine si legge: “Il pubblico da terra non ha percepito l’oggetto, nonostante sia passato sopra le loro teste, dal momento che non ha prodotto alcuna onda sonora. Si muoveva con l’inclinazione di 25 gradi: questo è lo stesso angolo con il quale le astronavi entrano nell’atmosfera.”

LO STESSO OGGETTO MISTERIOSO ACCANTO ALLA SQUADRIGLIA DI F16
Nel concludere il suo intervento, il generale Ricardo Bermudez ha così sintetizzato la questione:1) I fenomeni aerei anomali definiti Ufo sono reali e si presentano all’interno e all’esterno dello spazio aereo controllato; 2) Non abbiamo alcuna idea di cosa siano e da dove provengano; 3) È indispensabile continuare a studiare il fenomeno;4) È indispensabile condividere tutte le informazioni. Ha poi aggiunto alcune frasi che suonano da monito. Eccole:
“Io credo che si debba indagare su tutto ciò che comporti un rischio alle operazioni di volo, non importa quanto incredibile possa apparire: ignorarlo sarebbe da irresponsabili. Serve un’agenzia internazionale che coordini tutte le investigazioni in materia: deve poter raccogliere ogni informazione e procedere ad esami scientifici. Penso che dovrebbe essere sotto la responsabilità del settore Affari Spaziali delle Nazioni Unite.”
Insomma, gli Ufo non sono fantasie di gente sfaccendata, ma un pericolo reale che può diventare una minaccia per la sicurezza aerea in tutto il mondo. Il generale Bermudez lo ha fatto capire portando prove e documenti davvero impressionanti. Sulla strada che porta alla rivelazione del mistero-Ufo, il Cile sembra aver assunto il ruolo di apripista.

fonte: http://www.extremamente.it/2012/03/06/rivelati-gli-x-files-del-cile-gli-ufo-esistono-ma-non-sappiamo-cosa-siano/cile-generale/

sabato 3 marzo 2012

Su Enceladus forme di vita aliena?

Alcuni scienziati sono convinti che Enceladus, la sesta luna di Saturno in ordine di grandezza, possa nascondere sotto la sua coltre di ghiaccio forme di vita aliena. Si tratta di un’ipotesi non così remota. In effetti, questo piccolo satellite avrebbe tutte le caratteristiche per contenerla, essendo formato prevalentemente da acqua.


Da questo presupposto è partita una ricerca approfondita condotta dal Centro aerospaziale tedesco di Berlino e sfociata nel progetto EnEx (Encelado Explorer), iniziato lo scorso 22 febbraio 2012. Lo scopo degli scienziati tedeschi è quello di mettere a punto una sonda che atterrerà sulla luna saturniana e perforerà la crosta ghiacciata alla ricerca di acqua e quindi di forme di vita.
Secondo il responsabile del progetto, Oliver Funke, EnEx costituisce un punto cardine dell’esplorazione spaziale e della ricerca di vita extraterrestre: se tutto funzionerà a dovere (come ci si augura) vi saranno altre missioni tra le quali la perforazione delle calotte polari di Marte.

fonte: http://danilo1966.iobloggo.com/

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