martedì 19 aprile 2011

Alcune considerazioni sul più importante dei “rivelatori” - Philip Corso

Fin dai primi minuti dei lavori si era capito che, quell’edizione al Teatro Turismo di San Marino, non sarebbe stata un edizione monotona. La “star” indiscussa di quella manifestazione era, senza alcun dubbio, il colonnello Philip Corso autore de “Il giorno dopo Roswell”. Era, quindi, un’occasione molto “ ghiotta” potergli rivolgere delle domande e poter “studiare” la sua testimonianza.


La forma espositiva scelta -allora- fu quella dell’incontro-intervista (con un pressoché totale ricorso alla forma “indiretta”) perché, moltissime, erano le vicende e le tematiche che si dovevano affrontare in maniera organica e coerente. Questo incontro, assolutamente decisivo e “fondamentale”, nella mia “vita ufologica” mi ha segnato e, se volete, indirizzato verso un tipo di approccio “nuovo” alla tematica ufologica. E’ quasi paradossale ma, da una posizione assolutamente “pro-ETH” (pur nella versione Cingolani), sono passato -e ciò è avvenuto dopo aver parlato proprio con il più importante dei “rivelatori”!- ad una posizione “intermedia”, non più così “pura” e definita. Questa “nuova versione” di ufologo pro-ETH “eretico” trova uno dei suoi fondamenti in quel concetto di “retro-ingegneria” che, in un certo senso, caratterizza il Corso-pensiero ma si amplia e si sviluppa secondo modalità autonome. Ecco perché questo personaggio ha assunto -e mantiene tuttora- una “centralità” unica e permette di inquadrare, all’interno di uno schema più preciso, diverse fenomenologie che, a torto o a ragione, ricolleghiamo alla manifestazione UFO.

Rispetto a quell’importantissimo Simposio (quando l’ufologia italiana aveva raggiunto la massima diffusione possibile, forse, in questo paese) ci sono state importanti novità. Durante il Convegno EBE III, a Bologna, qualche anno fa, Paola Harris ha ammesso che la versione finale de “Il giorno dopo Roswell” era, in realtà, una versione incompleta ed inesatta mentre, durante la stessa manifestazione, Leo Sorge -autorevolissimo su questi aspetti “storici”- ha riconosciuto come la ricostruzione ufficiale e “tradizionale” dello sviluppo dell’elettronica sia palesemente “incoerente” e mostri parecchie lacune (o se preferite dei veri e propri salti). Una visione diametralmente opposta a quella “tanto strombazzata” da alcuni critici “professionisti” della testimonianza di Corso, che, senza aver rivolto MAI, una sola domanda, al Colonnello, hanno invece liquidato, tranquillamente, la vicenda, negandola “in toto”. Curioso che, secondo lo stesso “modus operandi”, altre persone -in realtà, alcune volte, le STESSE persone!- hanno recentemente tentato la stessa operazione “versus” altre note vicende (conseguendo e “meritatamente”, in questo secondo caso, il più totale fallimento). Un’altra apprezzabile novità è stata la pubblicazione, a cura di Maurizio Baiata, de “L’alba di una nuova era”, il manoscritto “originale” di Corso (senza, quindi, ricorrere alla versione decisamente “parziale” del “vero” autore de “Il giorno dopo Roswell”, Birnes).

Il testo in oggetto presenta diversi elementi “nuovi” o, meglio, omette alcune note vicende riportate nel libro di Birnes. In particolare, l’episodio relativo a quando “nel reparto veterinario di Fort Riley e vide in una bara di vetro un corpo, che pareva quello di un bambino, immerso in un liquido bluastro e gelatinoso” viene totalmente omessa. Contraddittorio (anche se questo episodio non è riportato nel “Il giorno dopo”), poi, il famoso “incontro telepatico” che sarebbe avvenuto nel deserto (e circa il quale un’interpretazione in chiave “ampiamente soggettiva” viene -a mio personalissimo giudizio- riconosciuta dallo stesso Colonnello). Comunque sia, sono innegabili quelle incongruenze e “apparenti” incompatibilità che molti colleghi evidenziano nella figura di Corso. Proprio per questo ritengo opportuno riproporre quella “vecchia” intervista (pubblicata, nel 1998, sul Bollettino interno della Fondazione Sentinel), sperando di rivitalizzare l’attenzione sul personaggio e dimostrare come -forse- certe impressioni “preliminari” vanno “riviste”. Confidando nella comprensione del lettore (si tratta di un testo “datato” che va letto nel contesto preciso in cui è stato scritto) ed auspicando un superamento di quelle critiche “senza dibattito” che tanto ricordano i “cacciatori di fari di automobile”.
Certamente il “caso Corso”non si è chiuso con la sua morte. Anzi, siamo appena all’inizio di una lunga storia dove il ruolo svolto da un certo “Filippo” Corso è stato giudicato, nella divulgazione della verità, "di grande importanza". Così come si legge in un importante documento… Buona lettura.


IL CASO CORSO : FINALMENTE LA VERITA’ (O PERLOMENO UNA PARTE !)
In un incontro - intervista le sconvolgenti rivelazioni di un militare dal curriculum ineccepibile

La tesi sui dischi precipitati, perlomeno relativamente al caso Roswell, è un argomento accettato dalla maggior parte degli ufologi che propendono per la cosiddetta “ipotesi extraterrestre”. Il grande problema, finora, era trovare dei riscontri oggettivi che - in ufologia - si identificano normalmente in documenti o in testimonianze. Per ciò che attiene alle prove documentali ve ne sono due ormai note da tempo : il famoso telex inviato, nel luglio del 1947, dall’FBI di Dallas al corrispondente ufficio di Cincinnati, e una breve nota contenuta nella storia del 509° Gruppo Bombardieri. I contraddittori risultati conseguiti dal GAO (l’Agenzia investigativa del Congresso) e presentati dal congressista Schiff e dal senatore Feinstein il 28 luglio 1995, non hanno apportato nessuna novità se non la sconcertante scoperta che (guarda caso!) proprio le documentazioni relative al periodo in oggetto sono andate “misteriosamente distrutte”. Infine, le recentissime “rivelazioni” dell’Air Force e della CIA, “Il Roswell Report - Case Closed” con i suoi buffi manichini e “Il ruolo della CIA nello studio degli UFO dal 1947 al 1990” con le sue superficiali spiegazioni di tipo esclusivamente convenzionale (aerei spia U-2 e SR-71 Blackbird), sembrano, per modi e tempi e soprattutto per l’imponente battage pubblicitario che le sostiene, una replica obbligata all’inesorabile ascesa del libro scritto dal Colonnello Corso. Circa le testimonianze l’elenco è lunghissimo.

Da quella “ufficiale” del tenente Walter Haut, addetto alle informazioni presso la base di Roswell ed autore del comunicato stampa rilasciato all’Associated Press, a quella “circostanziata” di Jesse Marcel Jr. (ed indirettamente quella del padre in punto di morte), a quelle commoventi di Frank Kaufmann e Glenn Dennis, fino ad arrivare ai cosiddetti rivelatori come Lazar e Wolf. In quest’ottica si inserisce la testimonianza ed il curriculum militare del Colonnello Corso ma, soprattutto, la sua storia, forse “ritoccata” dalle abilissime mani del coautore Birnes (che peraltro si “pappa” da solo gli elevati guadagni per le vendite del libro!) che è quindi il probabile responsabile delle inesattezze presenti nella prima parte del testo. Ottant’anni ed una lucidità fuori dal comune, due occhi penetranti che ti trasmettono grandi emozioni, una assoluta, indiscutibile sincerità. Se qualcuno mi dicesse (e riuscisse a convincermi!) che quest’uomo racconta una storiella imparata a memoria penserei immediatamente a quanto sia stato immeritato l’ultimo premio assegnato ad un famoso concorso internazionale di cinematografia. Ma questa è una storia vera, la storia di una vita incredibile che è, in pochissimo tempo, diventata un best seller negli Stati Uniti e un documento fondamentale nella storia dell’ufologia moderna.

Quest’uomo mite e gentile, sempre disponibile, ti racconta di quando ha “visto” e “toccato” un essere di un altro pianeta. Era una domenica sera, quel 6 luglio 1947, quando entrò nel reparto veterinario di Fort Riley e vide in una bara di vetro un corpo, che pareva quello di un bambino, immerso in un liquido bluastro e gelatinoso. Poi vide quella testa, enorme e sproporzionata, quegli occhi grandi, niente naso, bocca ed orecchi. Anni dopo, svolgendo importanti mansioni presso il reparto Ricerca e sviluppo dell’Esercito, ai diretti comandi del Generale Trudeau, il file top secret su Roswell giunge nelle sue mani. E’ l’inizio di una nuova avventura. A capo dell’Ufficio Tecnologie Straniere dà’ il via a ricerche che hanno portato a penetrare (anche se in modo estremamente limitato) la scienza aliena. Da quegli studi abbiamo sviluppato, i cicuiti integrati, i transistors, gli acceleratori di particelle. Dalle strutture super tenaci dello scafo abbiamo creato il Kevlar e scoperto l’esistenza delle fibre ottiche. Dai loro strumenti abbiamo “ricreato” il laser. I risultati finali si sarebbero concretizzati nell’Iniziativa Strategica di Difesa o SDI voluta da Ronald Reagan, nella tecnologia Stealth e nel sistema HAARP. Alla morte del generale Trudeau, avvenuta qualche anno fa, decide di scrivere questo libro -semplicemente- perché sente che è giunto il momento di farlo.

O forse perché un ragazzino di nome Andrew, suo nipote, gli chiede “E’ vero che hai visto il nonno di E.T.?”. Rispetto al libro, il Colonnello ci fornisce nuovi particolari. Il cervello era diviso in quattro sezioni ed erano presenti due microchips al Silicio, uno all’interno del cranio e uno nell’occhio. Durante la conferenza stampa un’altra importante precisazione: gli alieni e il disco sono una cosa unica, un meccanismo integrato che “vive” tramite pulsazioni elettromagnetiche. Gli umanoidi, infatti, non hanno bisogno di cibo ed aria, sono semplicemente un “pezzo” dell’astronave, usano tecnologia a base silicio e sistemi di comunicazione al laser, senza impianti igienici o di refrigerazione e riscaldamento. Una perfetta macchina biologica concepita per viaggiare nello spazio. Corso è convinto che quello di Roswell non sia il primo (e probabilmente neppure l’ultimo) ufo-crash che si sia verificato sul nostro pianeta. Cita, in proposito, tutta la casistica relativa ai Foo Fighters della seconda Guerra Mondiale che lui identifica in veicoli elettromagnetici tedeschi risultato di lavori di retroingegneria su di un oggetto alieno, presumibilmente, precipitato in Germania durante gli anni trenta. I pezzi di quell’immenso ed infinito puzzle che costituisce la fenomenologia ufo, sembrano prendere -finalmente- la loro esatta posizione. Ma un grande rammarico il Colonnello ce l’ha. E mentre te lo racconta gli occhi si inumidiscono. Noi -racconta- abbiamo realizzato solo una piccolissima parte di quella “Nuova Scienza” che gli alieni ci avevano “regalato”.

Ci siamo concentrati soprattutto nello sviluppo degli armamenti ed in particolare delle armi nucleari. Su progetti di distruzione invece che di creazione. Non abbiamo capito che il vero “oggetto” su cui dovevamo concentrarci era il “clone”, il pilota dell’astronave, così diverso ma anche così simile a noi. La ricerca doveva portare ai “Creatori” degli alieni e di questa “Nuova Scienza”. In queste parole, semplici ma dotate di una potenza sconvolgente, si trova la vera novità della testimonianza di Corso. E, a mio giudizio, rappresenta una percezione del problema molto differente se paragonata a quella che traspare dal libro scritto con Birnes. In tutto il testo, infatti, prevale una concezione degli alieni decisamente non positiva. Il Colonnello parla esplicitamente di “guerra” e di “atteggiamento ostile”. Pur essendo convinto della veridicità dei racconti che, in tutto il mondo, descrivono contatti con entità aliene da parte di gente comune, piloti, militari e ricercatori, non è mai venuto a conoscenza di altri tipi di esseri, diversi da quello che lui, personalmente, ha visto e toccato a Fort Riley e di cui ha visionato il referto autoptico. E non esprime pareri su vicende di cui non ha una conoscenza diretta.

Il problema adesso, per il Colonnello, è scoprire chi sono i “clonatori” degli alieni. In proposito ha appena terminato la stesura di uno studio sugli extraterrestri ed il modello di EBE da loro realizzato. Racconta di averne discusso con medici e scienziati che sarebbero rimasti affascinati e scossi dalle sue analisi. Applicando rigorosamente il metodo deduttivo di indagine: (tipico delle Agenzie di “Intelligence”) “ragionare sulle intenzioni, individuare una trama e quindi risalire all’origine di chi l’ha ideata”, Corso si è fatto un’idea ben precisa circa questi “Creatori”. Ed è un idea che potrebbe spazzare via buona parte della ricerca ufologica degli ultimi 10-15 anni. Ad una mia precisa domanda : “Secondo Lei, Colonnello, come sono fatti ?”, la risposta è stata semplice ma molto efficace. “E’ stato scritto - e mentre parlava, in un chiaro italiano, sorrideva - Dio creò l’uomo a sua immagine e somiglianza”. Questa è la sconvolgente verità di P. J. Corso. “Loro” sarebbero identici a noi e i cloni, per quanto diversi in apparenza, lo proverebbero.

La loro fisiologia presenterebbe sconcertanti similitudini biologiche con gli esseri umani e sembrerebbe rappresentare la fine di un processo di ingegneria genetica teso a realizzare un “soggetto” capace d’intraprendere lunghi viaggi interplanetari a velocità ed in ambiente non convenzionali. In tutto ciò non trovo, sinceramente, niente di negativo. La presunta “ostilità” degli alieni, che peraltro accompagna tutto il testo scritto da Corso, stride con le ultime affermazioni del Colonnello e fa “a pugni” con quella forte corrente della comunità ufologica che parla continuamente di rapimenti e mutilazioni animali. Se decidiamo di accettare -e non vedo come potremo fare altrimenti- come genuine ed autentiche le dichiarazioni di Corso dobbiamo necessariamente fare alcune considerazioni. Certamente questa testimonianza non è, e non potrebbe esserlo per sua diretta affermazione, esaustiva. Ma, riconoscendo che la posizione che occupava all’interno dei Servizi di “Intelligence” dell’Esercito americano rappresenta, senza dubbio alcuno, la collocazione ideale per poter accedere alle informazioni - tutte le informazioni- riguardanti gli ufo, risulta molto difficile credere che rapporti relativi ad altri crash o a tipologie differenti di alieni non siano passati sul tavolo dell’Ufficio tecnologie dove Corso ha lavorato per tanti anni. Forse, e si tratta di una semplice ipotesi, il Colonnello è stato, egli stesso, una pedina inconsapevole durante quel periodo. Forse sapeva semplicemente ciò che gli si voleva far sapere. Altri, altrove, magari nei servizi di “Intelligence” delle altre Armi, svolgevano mansioni analoghe alle sue.

Ma questa è un’ipotesi molto debole da difendere. Il suo curriculum parla da solo, le sue dichiarazioni, a differenza di quelle di molti altri, reggono e trovano continue conferme contemporanee ma indipendenti. Eventualmente, in quest’ottica, dovremmo invece rivedere tutte le nostre convinzioni circa quei fenomeni e quegli episodi che colleghiamo in modo diretto al fenomeno ufo come le abductions. A tal proposito, Corso è stato categorico: “Le abductions? Noi non facevamo abductions. Dovevamo costruire armi e capire il funzionamente di ciò che ci trovavamo tra le mani”. La risposta è molto più ampia di ciò che sembra in apparenza. Cosa c’era, e cosa c’è tuttora, alla base di un fenomeno che riguarda milioni di persone in tutto il pianeta e che è -tranne poche e recenti eccezioni- vissuto in termini molto negativi? Forse una spiegazione è rinvenibile proprio ne “Il giorno dopo Roswell”. Ma non nei riferimenti diretti ai rapimenti e alle mutilazioni animali bensì, in tutte quelle continue citazioni circa l’onnipresente invadenza della CIA, intesa come il vero nemico dei progetti di Trudeau e Corso. Chi scrive non nasconde la sua graduale elaborazione di ipotesi “eretiche” circa il fenomeno dei rapimenti, ma è perlomeno curioso che lo “stimoceiver”, il dispositivo costituito da un elettrodo di profondità miniaturizzato che inserito nel cranio permette di esercitare un altro grado di controllo sulle reazioni del soggetto, sia stato inventato da Josè Delgado tra la fine degli anni ’50 e l’inizio degli anni ’60, e abbia probabilmente dato origine a quella linea di sviluppo tecnologico culminante con i chips neurali o sonde impiantate -forse- in alcuni detenuti in California o utilizzate da “black projects” della National Security Agency. Un’ipotesi, a mio giudizio altamente credibile, potrebbe far risalire simili dispositivi ad uno studio di retroingenieria effettuato su materiale esogeno (i microchips al silicio menzionati dal Colonnello?) recuperato in seguito ad un ufo crash.

Tempi e modi coincidono perfettamente e quale organizzazione, istituzione od ente governativo sarebbe, logicamente, interessato a strumenti utilizzabili per il controllo e per l’acquisizione di informazioni? La risposta è superflua, ma ciò apre, per tutti noi, nuove prospettive di lavoro e rimette in discussione certezze (o quasi certezze) date per scontate. Forse siamo realmente all’interno di un “piano” globale finalizzato ad educare le nuove generazioni ad una nuova e diversa percezione del fenomeno ufo e forse esiste realmente una “fazione” governativa che favorisce il lento, ma graduale, rilascio di informazioni. Ed infatti, lo stesso Corso parla di amicizie importanti “... la FBI è dalla mia parte ...” che lo sosterrebbero in questa sua battaglia per la verità contro le forze oscurantiste capeggiate dalla CIA. Comunque sia è indubbio che certe produzioni cinematografiche di fantascienza - soprattutto recenti - sembrano privilegiare fini di tipo “educativo” a quelli di puro intrattenimento e, all’interno di questo contesto, dovremmo rileggere con maggiore attenzione i casi e le vicende che, in questi ultimi anni hanno investito la comunità ufologica internazionale.

Si tratta di un lavoro delicato che finirà necessariamente per urtare qualcuno. Ma deve essere fatto, rimettendo in discussione anche dati già acquisiti (o presunti tali) ed eliminando tutto -o in buona parte- quel materiale che non trova corrispondenza nelle affermazioni di Corso e che potrebbe (e ciò indipendentemente dalla sua autenticità) fare parte di quel grande “piano” di cui parlavamo prima. Da parte mia sono grato al Colonnello Philip “Filippo” Corso per ciò che mi ha riferito e per la sua estrema gentilezza e disponibilità. Credo che l’ufologia abbia trovato non il suo “Santo Graal” ma bensì un interlocutore di importanza storica e fondamentale per tutte le persone -e non necessariamente solo coloro che sono interessati alla fenomenologia ufo- che hanno a cuore la ricerca della verità. L’attacco puerile, ma imponente a cui è sottoposto in questo periodo (tranne rarissime eccezioni -peraltro non assolute-) unitamente alle spiegazioni di tipo ufficiale, fornite da CIA ed Aeronautica, non fa altro che confermare quanto il Colonnello sia diventato -improvvisamente- un personaggio alquanto scomodo.Tra le persone che lo accompagnavano, durante la sua permanenza a San Marino, si raccontava di “strani individui” che sembravano pedinarlo dovunque andasse. Non so se ciò sia vero ma non mi meraviglierebbe più di tanto scoprirlo. So invece -questo sì- che quell’ufficiale che risponde al nome di Philip J. Corso, ricopriva, durante gli anni ’60, all’interno della struttura di “Intelligence” dell’Esercito americano la posizione, quella unica posizione, che gli avrebbe permesso di scoprire ciò che vi era di vero in quell’ammasso confuso di notizie che riguardava strani oggetti che volavano sopra le nostre teste. Se, a distanza di tanti anni, quando ciò è diventato possibile -o forse è diventato impossibile continuare a tacere- quell’uomo racconta una storia, noi dobbiamo prestargli la massima attenzione possibile.

Fonte: http://www.altrogiornale.org/news.php?extend.6873

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