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lunedì 23 settembre 2013

La “Stirpe del Serpente” nella simbologia e nel mito della storia umana

Secondo alcuni studiosi, la frequenza della figura serpentina nelle tradizioni e nella simbologia umana affonda le radici in qualcosa di reale accaduto agli albori dell'evoluzione dell'uomo. Tra alcuni ricercatori si registra un certo sconcerto quando si considera lo spazio di tempo estremamente ristretto nel quale si è evoluta la specie umana.


Nel momento in cui Eva, la prima donna mitica e madre di tutti i viventi, si è fatta convincere a raccogliere il frutto proibito dall’Albero della Vita, l’umanità cade vittima del primo grande inganno del serpente.

Quello raccontato da Genesi, il libro di apertura della Bibbia, è una storia ricca di simbolismo. Secondo il pensiero religioso occidentale, l’incidente narrato dal testo sacro presenta il nemico più insidioso dal quale l’umanità deve guardarsi.

Eppure, la figura del serpente non è presente soltanto nei racconti della tradizione semitica che ha partorito il racconto di Genesi. Se guardiamo alla mitologia delle altre culture umane, scopriamo uno scenario popolato di rettili, serpenti piumati e strani esseri ibridi rettiloidi.

Secondo alcuni studiosi, la frequenza della figura serpentina nelle tradizioni e nella simbologia umana affonda le radici in qualcosa di reale accaduto agli albori dell’evoluzione dell’uomo.

Lo scenario raccontato dai miti di tutto il mondo è pressoché lo stesso: esseri considerati divini, dalle sembianze rettili e dai grandi poteri, hanno consegnato nelle mani dell’umanità la conoscenza tecnologica e la civilizzazione urbana.

E’ possibile che entità non umane abbiano influenzato il normale andamento evolutivo del genere umano? La rapida evoluzione dell’uomo, incapace di armonizzarsi con i tempi e le regole della natura, potrebbe dipendere da questo? E’ possibile che il nostro DNA sia stato alterato in maniera innaturale per scopi a noi ignoti?

Per quanto la scienza abbia fatto passi da gigante nella comprensione dei meccanismi che regolano l’evoluzione degli esseri viventi, l’origine dell’uomo rimane ancora avvolta nel mistero.

Le indagini archeologiche e i ritrovamenti fossili, più che chiarire la storia dell’evoluzione umana, non fanno che complicare un puzzle di per sé già abbastanza complicato. Tra alcuni ricercatori si registra un certo sconcerto quando si considera lo spazio di tempo estremamente ristretto nel quale si è evoluta la specie umana.

Per fare un paragone indebito, possiamo pensare ai dinosauri, un gruppo di esseri viventi che ha dominato il pianeta Terra per ben 160 milioni di anni, un ciclo di vita biologica estremamente lungo o, quanto meno, in armonia con i tempi cosmici dell’Universo.

Se invece consideriamo l’homo sapiens, si rimane sconcertati nel considerare che il genere homo è comparso sul pianeta solo 2 milioni di anni fa e, attraverso una rocambolesca serie salti evolutivi, è giunto a costruire appena 6 mila anni fa le prime città moderne in Mesopotamia, per poi passare, in poche migliaia di anni, dalla scrittura cuneiforme all’informatica e dall’esplorazione dei territori sconosciuti al volo spaziale.


Provenienza rettiliana del genere umano? Indizi e coincidenze fisiologiche


Perché l’Homo Sapiens è così veloce?

Tra i primi a parlare di un intervento esterno alla storia evolutiva dell’uomo c’è Zecharia Sithchin, il ricercatore che ha dedicato la sua vita allo studio della mitologia sumera.

In molti dei suoi libri, Sithchin afferma la sua teoria secondo la quale, in un passato molto remoto, un gruppo di viaggiatori extraterrestri provenienti dal pianeta Nibiru, chiamati Anunnaki, sarebbero scesi sulla Terra per sfruttare le risorse minerarie del nostro pianeta.

Avendo bisogno di manodopera per l’estrazione di minerali, gli Anunnaki pensarono di manipolare geneticamente la specie terrestre più simile a loro, innestandovi il proprio DNA: fu scelto un ominide, l’Homo Erectus.


Potremmo essere il risultato di una manipolazione genetica che ci ha strappato dal nostro sviluppo naturale?

Secondo l’ipotesi di David Icke, alcuni alieni rettiliani, sotto le mentite spoglie umane di uomini pubblici, hanno preso il controllo del nostro pianeta impedendo all’umanità la normale evoluzione spirituale, sociale e tecnologica. Il fine di costoro sarebbe quello di schiavizzare l’umanità e impossessarsi definitivamente delle risorse planetarie (umanità compresa).

Le idee contenute nel libro Figli di Matrix, apparentemente originali e stravaganti, ma convalidate da una lunga e scrupolosa serie di indizi documentati, descrivono la nostra vita sul pianeta Terra come un inganno ‘esistenziale’ gestito da forze extraterrestri, intraterrestri e interdimensionali per tenerci in una prigione mentale, emozionale e spirituale.

A conferma di queste teorie, sembra che gli antichi miti terrestri concordino tutti su una cosa: l’aspetto di questi antichi ‘visitatori’ (che qualcuno considera ‘invasori’) è accomunata a quello della famiglia dei rettili. E in quasi tutte le leggende, si fa riferimento ad antiche “divinità” metà uomo e metà rettile.


I Sumeri

I Sumeri rappresentano la prima popolazione urbanizzata al mondo. Erano i discendenti di un’etnia della Mesopotamia meridionale (l’odierno Iraq sud-orientale), autoctona o stanziatasi in quella regione dal tempo in cui vi migrò (attorno al 5000 a.C.) fino all’ascesa di Babilonia (attorno al 1500 a.C.).

Il termine Sumero è in realtà il nome dato agli antichi abitanti della Mesopotamia dai loro successori, il popolo semitico degli Accadi. I Sumeri, (o Shumeri da Shumer) infatti, chiamavano se stessi sag-giga, letteralmente “la gente dalla testa nera” e la loro terra Ki-en-gi, “luogo dei signori civilizzati”.

Nel pantheon delle divinità sumere figura Enki, la divinità dei mestieri, del bene, dell’acqua, del mare, dei laghi, della sapienza e della creazione. Enki, in alcune rappresentazioni, appare come un essere metà uomo e metà serpente.



Il significato del suo nome dovrebbe essere “signore della terra”. Egli era il custode dei poteri divini chiamati Me, i doni della civilizzazione dei quali avrebbe beneficiato l’umanità.


La sua immagine è un serpente con una doppia ellisse, o Caduceus, molto simile al Bastone di Asclepio. Secondo l’opinione di alcuni autori, non sorprende che il simbolo di Enki sia stato poi usato come simbolo della medicina, data la sua sconcertante somiglianza con la doppia elica del DNA.


I racconti dell’Antico Testamento

La Bibbia riprende alcuni temi della mitologia sumera e babilonese. Secondo quanto riportato dagli autori del testo sacro, il seduttore dell’umanità che compare nell’episodio del ‘Peccato Originale‘ ha le sembianze di un serpente.


All’inizio della storia umana, il serpente propone ad Adamo ed Eva una via alternativa a quella prevista dall’ordine cosmico, così da “diventare come Dio”. Che significa? Secondo alcuni esegeti, Adamo ed Eva intravedono nella proposta del serpente la via dell’immortalità che li renderebbe simili a Dio.

Altri, invece, vedono nella proposta la possibilità per l’umanità di stabilire da sola cosa sia bene e cosa sia male, senza nessuna autorità divina esterna. Il serpente propone all’uomo di diventare dio di se stesso. Infatti, all’obiezione di Eva il serpente risponde serafico:

“Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che il giorno in cui voi ne mangiaste si aprirebbero i vostri occhi e sareste come Dio, conoscendo il bene e il male”. Non è più il creatore a stabilire cosa è buono o male, ma la creatura.

Altri ancora, hanno interpretato il racconto del peccato originale come una scorciatoia evolutiva offerta all’umanità per aggirare un processo che probabilmente avrebbe richiesto migliaia (se non milioni) di anni. Ireneo di Lione, un importante autore cristiano del 3° secolo, ha definito quello di Adamo ed Eva un peccato d’impazienza, una scappatoia per bruciare le tappe.

Il serpente si sarebbe fatto portatore di capacità tecnologiche e culturali che gli uomini avrebbero comunque sviluppato naturalmente e in perfetta armonia con le leggi cosmiche dell’universo. In questa interpretazione si incrociano i racconti della mitologia sumera su Enki (portatore della civiltà) e anche il mito di Prometeo, il quale ruba il fuoco agli dei per consegnarlo agli uomini.

Il breve arco di tempo nel quale l’umanità si è evoluta lascia sconcertati alcuni antropologi. Rispetto ai tempi della natura, l’uomo sembra una saetta comparsa sul pianeta. Ed è una evoluzione che effettivamente non è completamente in armonia con il cosmo.

Il costo di questa veloce evoluzione è stata la separazione dell’uomo dalla natura e la conseguente distruzione del pianeta (l’eden), la separazione tra gli uomini (torre di babele) e la conseguente perdita di unità d’intenti e l’alienazione degli individui. In questa prospettiva, il serpente ha incarnato il simbolo del diavolo (diabolos = ciò che separa).


Il Medio Oriente e l’Africa


In Medio Oriente si tramanda dei Jinn, misteriosi uomini serpente o dragoni di cui si afferma la presenza fin dai tempi più antichi. In età preislamica ai Jinn era accreditata una notevole potenza, quasi sempre in grado di esprimere una devastante e spesso mortale cattiveria.

Gli Antichi Egizi veneravano molte divinità ibride, nelle quali si fondevano caratteristiche umane e animali. Tra queste c’era l’antico dio egiziano Sobek, il quale viene riprodotto come un uomo con la testa di coccodrillo.


Nel Mali c’è una popolazione, i Dogon, che tramandano un mito di creazione il cui protagonista è un uomo rettile. I Dogon affermano di discendere dal dio Amma, proveniente dalla stella Po Tolo (Sirio B).

Amma creò l’universo con le stelle e le costellazioni e poi creò Tenga, cioè la Terra, a forma di donna, con cui si accoppiò generando i Nommo, due esseri mezzo uomo e mezzo serpente, identificati come la forza vitale dell’acqua, e li inviò sulla terra per impartire all’umanità gli insegnamenti fondamentali, come tessitura, metallurgia e agricoltura.

I Dogon conservano delle conoscenze a dir poco miracolose. Nel 1947, dopo aver vissuto con i Dagon per più di diciassette anni. l’antropologo francese Marcel Griaule ha riportato una storia veramente incredibile. Gli anziani della tribù hanno rivelato a Griaule uno dei loro segreti più gelosamente custoditi, nascosto anche alla maggior parte della comunità tribale.

Essi affermano di aver ricevuto una profonda conoscenza del sistema solare da uno dei misteriosi Nommo. Gli anziani sono a conoscenza delle quattro lune di Giove, degli anelli di Saturno e sono consapevoli della forma a spirale della Via Lattea e sanno che sono i pianeti a muoversi intorno al Sole e non viceversa.

Ma ciò che più sconcerta gli etnologi è la conoscenza dei Dogon delle orbite, delle dimensioni e della densità delle stelle del sistema di Sirio. I Dogon hanno accuratamente confermato l’esistenza di Sirio A, B e C, conoscenza che la moderna scienza ha acquisito solo di recente.

Sirio C è rimasta sconosciuta fino al 1995, quando gli astronomi hanno notato l’influenza gravitazionale che questa esercita sul movimento di tutto il sistema.





La Grecia antica

Il primo re mitico di Atene, Cecrope, era mezzo uomo e mezzo serpente. Nella mitologia greca, erano serpenti i servitori dei Titani e dei Giganti, i quali sono talvolta rappresentati in forma “anguiforme”, ossia con le gambe formate da terminazioni serpentiformi molti simili a quelle di Enki- Tra questi c’è l’immagine del gigante Klyteros.



Asia orientale

Nei racconti popolari della Cina antica figurano due fratelli, Nüwa, una divinità femminile della creazione, e Fu Xi, uno dei tre mitici sovrani cinesi detti “I Tre Augusti”, vissuto, secondo la tradizione, tra il 2952 e il 2836 a.C.

Entrambi vengono raffigurati come esseri ibridi, formati da un busto umano e da una coda di serpente. Secondo la tradizione è Nüwa a inventare la musica e la tecnica per suonare il flauto, ma soprattutto è lei a creare gli uomini, plasmandoli dall’argilla.

Fu Xi veniva rappresentato sempre allacciato, tramite la coda, alla sorella Nüwa, che prese in sposa. Le immagini rappresentano lei con un compasso e lui con una squadra in mano: i due strumenti indicano che i due sovrani inventarono norme, regole, standard. Secondo il folklore cinese, queste due divinità sono responsabili della creazione e dell’educazione del genere umano.


Nella cultura asiatica si tramandano anche le leggende dei Long o dragoni, forme a metà tra il piano fisico e il piano astrale, ma raramente descritte in forma umanoide, e che possono cambiare forma passando dall’umano al rettiliano.

Questa caratteristica viene spesso attribuita agli Imperatori Asiatici, che si credeva fossero in grado di mutare volontariamente la propria forma umana in una di drago e viceversa.


Cristianesimo

La teologia cristiana, che fonda il proprio pensiero anche sull’Antico Testamento ebraico, ha assunto il racconto del peccato originale come momento fondamentale della cosiddetta caduta dell’uomo.

La redenzione, ovvero la sconfitta del principe di questo mondo (Satana) è avvenuta con l’incarnazione, la morte e la resurrezione di Gesù Cristo, nel quale l’ordine primordiale è ricostituito e verrà a compiersi con il ritorno di Gesù alla fine dei tempi e la venuta della Gerusalemme Celeste, la nuova creazione in armonia con l’ordine cosmico.

Un simbolo interessante della redenzione e della sconfitta del serpente è l’iconografia mariana: la Vergine Maria è rappresentata nell’atto di calpestare la testa del serpente, simbolo di vittoria sul male.




Americhe precolombiane

La mitologia Maya conosce una figura molto importante per il discorso che stiamo sviluppando: il dio Quetzalcoatl. Secondo le narrazioni, questa divinità avrebbe insegnato al popolo Maya i segreti dell’agricoltura, della metallurgia e dell’astronomia. L’umanità deve il suo rapido sviluppo evolutivo ad una figura esterna rettiliforme.



Le rappresentazioni di Quetzalcoatl sono alquanto inquietanti, in quanto vedono il dio maya intento a divorare un uomo. Che poi questo dono fatto all’umanità non sia del tutto gratuito? Cosa chiede il serpente in cambio? Quale parte dell’umanità sta divorando?


Epoca contemporanea

Quello del rettile è ancora un simbolo presente nella cultura umana e spesso è associato ai simboli araldici di grandi famiglie nobiliari (dal sangue “rettile” blu!), a marchi di grandi aziende e ad opere d’arte che rappresentano spudoratamente il dominio del rettile sulla razza umana, come un nefasto parassita:





Cosa giustifica questa presenza costante e penetrante della simbologia rettile nella cultura umana. E come mai sembra che ancora oggi ci siano tanti riferimenti al serpente e al suo potere? Siamo davvero preda di una dominazione esterna che ci ha fatto deragliare dal percorso evolutivo naturale? Qual è lo scopo del serpente?

Dopo questa lunga, e ampiamente incompleta, carrellata di miti e simboli, sembra possibile indicare alcuni punti salienti:

1) Il serpente è un simbolo presente in quasi tutte le culture umane;

2) Il serpente (o drago) fa dono all’umanità della tecnologia e della cultura accelerando il processo evolutivo naturale;

3) Il serpente (o drago) è sempre al comando: è Re, Imperatore (presidente?)

4) Il dono del serpente non è gratuito: egli divora l’uomo… cosa vuole in cambio?

5) Il potere del serpente è ancora in atto… basta solo avere occhi per notarlo!





Fonte: http://www.ilnavigatorecurioso.it/19/09/2013/la-stirpe-del-serpente-nella-simbologia-e-nel-mito-della-storia-umana/

mercoledì 28 marzo 2012

Veniamo da Orione?

Interessante articolo dal blog freeanimals....buona lettura!

Almeno a una delle famose domande, da dove veniamo, abbiamo risposto! Per le altre due, chi siamo e dove stiamo andando, ci stiamo organizzando. Naturalmente, è saggio lasciare aperto ancora per un po’ qualche interrogativo, perché non si sa mai.


Comunque, direi che mi sia stato utile partecipare venerdì 23 marzo alla conferenza “Miti e misteri egizi: loro relazione con il presente”, tenuta da Fabio Delizia a Codroipo, perché almeno sta cominciando a delinearsi pubblicamente quella che è la nostra origine extraterrestre. Noi stessi, che da millenni ci sentiamo attratti dal cielo e dall’ufologia, nonostante la nostra struttura fisica scimmiesca, abbiamo una patria da qualche parte, nel vasto universo, e i sospetti si accentrano sulla prima stella della Cintura di Orione. Già Alan Sorrenti cantava “Noi siamo figli delle stelle”, ancora nel 1977 e, assodato che con i film di Hollywood l’élite mondialista spesso lancia messaggi alla sonnolenta umanità, della cintura di Orione si parla nel primo Man in Black, con Will Smith e Tommy Lee Johns. Anche se bisognerebbe parlare più di cinturino che di cintura, visto che stava sul collo di un gatto, guarda caso proprio quell’animale adorato dagli egizi. I paleoastronauti venuti da Orione sulla Terra avranno avuto una qualche predilezione per il felino domestico? La Sfinge, infatti, non è altro che un grosso gatto e in lingua inglese anche leoni, leopardi e serval vengono chiamati cats. Se, arrivati sulla Terra dopo un lungo viaggio, prima di mettersi a manipolare i geni dell’Homo erectus, si fossero messi a giocare con i felini selvatici, ottenendo quella che i poeti chiamavano la tigre da salotto, diventa ridicolo pensare che gli egizi tenessero con sé i gatti solo per proteggere i granai dai topi. Per quello avevano già la mangusta. E diventa necessario spostare indietro la data della domesticazione del gatto, che al momento si attesta sui 5000 anni fa.

Ma, come ha spiegato Fabio Delizia, studioso d’arte piemontese, classe 1970, sono molte le conoscenze che andrebbero rettificate,
con spostamenti indietro dell’ora legale della storia dell’umanità. Purtroppo, al momento, su un Fabio Delizia che illustra gli interrogativi insoluti e le possibili spiegazioni a un uditorio interessato, ci sono mille maestrine dalla penna rossa che raccontano storielle inverosimili a legioni di scolari demotivati. Si arriverà mai ad ottenere qualche modifica dei programmi ministeriali della Pubblica Istruzione? O dobbiamo seriamente cominciare a sospettare che c’è un complotto governativo volto a tenere il popolo nell’ignoranza?

D’altra parte, sarebbe in linea con le mistificazioni compiute nei secoli dagli apparati religiosi e non ci sarebbe da stupirsi se anche nel campo della conoscenza ci viene sistematicamente tenuta nascosta la verità. I meccanismi sono sempre gli stessi: gli eretici venivano messi al rogo dalla Chiesa e gli archeologi controcorrente vengono ridicolizzati dall’archeologia accademica. La guida turistica John Anthony West, che si accorse dell’erosione pluviale alla base della Sfinge, sta ancora aspettando che qualcuno gli spieghi il perché, dato che in quella zona non piove dalla fine dell’ultima glaciazione. Robert Duvall è dal 1993 che afferma che i cosiddetti condotti di aerazione all’interno della Grande Piramide sarebbe più giusto chiamarli “pozzi stellari”, ma nei testi scolastici continuano ad essere definiti con la prima versione. Poi la faccenda, a volte, assume i toni del giallo se si pensa che i reperti trovati nei pozzi stellari che si dipartono dalla camera della regina sono spariti dal British Museum dov’erano sistemati. Che fine ha fatto la sfera di bronzo, l’uncino e quel pezzo di legno di cedro che erano sicuramente originari del periodo in cui la piramide fu costruita? Avrebbero potuto essere sottoposti alla prova del Carbonio 14, così da fugare ogni dubbio sulla data della costruzione, ma invece non si trovano più.

Altre incongruenze inerenti la costruzione della Grande Piramide – e Fabio Delizia lo ha spiegato molto bene – derivano da semplici calcoli. Secondo la storiografia ufficiale, la piramide di Cheope fu costruita in vent’anni. Poiché i blocchi di cui è composta sono 2 milioni e mezzo, gli operai avrebbero dovuto collocarne 342 al giorno, con un ritmo di uno ogni cinque minuti circa. E siccome ogni blocco pesa almeno due tonnellate e mezza, quante persone avrebbero dovuto lavorarci attorno a forza di corde e pulegge per trascinare, issare e sistemare con perfezione millimetrica quei massi uno sopra l’altro? Oltretutto, non si trattava di blocchi tutti uguali, ma di solidi con incastri pazzeschi come quelli che si vedono nei templi Inca in Perù, con volte e giravolte da far venire il mal di testa. O almeno da lasciare stupefatti.

Con la tecnologia di cui disponiamo non siamo ancora capaci di fare una cosa del genere e i libri di storia pretendono di darcela a bere, mostrando antichi operai che non conoscevano neanche la ruota e che tiravano e spingevano blocchi pesantissimi? Magari sotto le sferzate dei capimastri. Quale tecnologia avevano quegli antichi costruttori per sollevare un masso di tre tonnellate a 130 metri d’altezza? Se fosse vera la spiegazione delle rampe di legno su cui facevano scorrere i blocchi, spingendoli verso l’alto sopra tronchi rotolanti, dove sono finite le rampe stesse? Avrebbero avuto bisogno di un’intera foresta per ottenere il legname necessario. Una foresta in un deserto? E poi, i blocchi venivano da mille chilometri di distanza: come li hanno trasportati fin lì? E’ credibile che li abbiano fatti navigare sul Nilo a bordo di imbarcazioni? Con tutto quel peso? In soli vent’anni?

Io alla fine avanzerò un paio di ipotesi alternative, che non sono state dette dal relatore, ma per ora andiamo avanti con le incongruenze. Gli storici si affidano molto sulle fonti, quelle che ci sono pervenute, almeno. Ebbene, sulla costruzione delle piramidi, della Sfinge e dei due templi che furono costruiti con il materiale di riporto non c’è alcuna documentazione. Gli egizi erano abituati a documentare anche le cose più banali, come la fabbricazione di profumi e lo spennamento delle oche, ma di un lavoro immane che coinvolse qualcosa come 100.000 operai e loro famiglie non c’è nulla di nulla. Tutti gli altri monumenti sparsi per l’Egitto pullulano di geroglifici, ma sulle piramidi e sui due templi della piana di Giza, di cui solo il Tempio della Valle si presenta in maniera quasi integra, non c’è alcun segnetto inciso. Da nessuna parte. Non vi sembra un po’ strano?

Diventa meno strano se si pensa che la Piana di Giza fu predisposta da una civiltà anteriore, molto più antica dei 3.000 anni a cui si fa riferimento normalmente, e che gli egizi semplicemente trovarono i manufatti già sul posto, eredità di un popolo che essi divinizzarono senza averlo mai conosciuto.

Solo da un paio di secoli la Grande Piramide viene definita la tomba di Cheope e questo perché un archeologo dinamitardo disse di aver trovato il nome del faraone inciso nella roccia, oltretutto scritto male, all’interno della piramide. Ma la cosa curiosa è che di questo Cheope possediamo solo una statuetta di otto centimetri, mentre per altri faraoni come Tutankamon si hanno sparsi per i musei un’infinità di testimonianze, sotto forma di statue, dipinti ed effigi varie. Pure Kefren e Micerino, titolari ufficiali delle altre due presunte tombe, non avevano nulla di meno glorioso di Cheope, rispettivamente padre e nonno. E allora perché tutta la granitica gloria a Cheope e le briciole ai suoi discendenti? Di Kefren, per esempio, presso il museo egizio del Cairo, c’è un’enorme statua in diorite, che è la pietra più dura che esista e anche questo testimonia il fatto che la lavorazione dei massi veniva fatta con accuratezza e non certo in maniera frenetica.

Sempre a proposito delle fonti, assodato che in nessun papiro e in nessun geroglifico si parla della costruzione dei monumenti di Giza, cosa ci dicono gli storici dell’epoca? L’unico che avrebbe potuto dirci qualcosa è Manetone, sacerdote di Eliopolis, ma di lui ci restano solo frammenti e sono pertanto solo gli storici posteriori a riferirci il suo pensiero. E in effetti qualcosa sappiamo. Sappiamo che Manetone divide la storia del suo paese in tre parti: l’epoca in cui regnavano gli Dei, quella in cui regnavano i semidei, che erano anche semiveggenti ed erano chiamati seguaci di Horus, e quella delle trentuno dinastie dei faraoni venute dopo Menes.

Il papiro di Torino va oltre le 31 dinastie, anzi oltre il faraone Menes, che fu l’ultimo dell’epoca dei semidei. Tuttavia, succede che
gli storici se accettano come veritiere le parole di Manetone riguardanti il terzo periodo, non accettano quelle riguardanti i primi due, definendoli frutto di fantasia mitologica. Succede la stessa cosa con Platone: ci va bene finché ragiona come filosofo, ma ci va meno bene quando parla di Atlantide. In altre parole, gli storici accettano solo quello che fa loro comodo.

Eppure è nello Zep Tepi, il tempo primordiale in cui regnarono gli Dei che si nasconde la chiave di volta di tutta la faccenda. Cosa intendeva Manetone per Dei? E’ possibile che, in quanto tali, avessero strumenti divini atti ad innalzare le piramidi? Delizia ha mostrato una diapositiva in cui si vedeva un faraone gigantesco in proporzione ai piccoli sudditi che gli recavano ceste di mani tagliate ai nemici e ha spiegato che questa mancanza di proporzione dipende dal fatto che l’incisore del bassorilievo intendeva mettere in risalto la “grandezza” e la magnificenza del monarca e non tanto la sua statura fisica. A questo punto della conferenza avrei voluto far notare al relatore che Zaccaria Sitchin parla di giganti, e non solo lui, e questo cambierebbe un po’ le cose perché sollevare un blocco di tre tonnellate per un uomo alto un metro e sessanta è una cosa, ma cosa ben diversa è se a sollevarlo è un uomo di quattro o cinque metri. E’ una questione di forza fisica.

Non si può interrompere un relatore e me ne sono stato zitto, ma anche nel consueto dibattito post conferenza mi pare che nessuno abbia sollevato la questione. Ma continuiamo con i dati alternativi spiegati da Fabio Delizia.

Vista la mancanza di documenti scritti attestanti la costruzione dei monumenti di Giza, vista l’assenza di testimonianze da parte degli storici, cosa ci dicono le ultime scoperte?

A parte le molte affinità con Orione, riguardanti la posizione in cielo delle sue tre stelle principali con la collocazione al suolo delle tre piramidi; a parte la perfezione con cui la Grande Piramide guarda al nord magnetico; a parte le misure del perimetro, dell’altezza e di altri particolari che hanno tutte una correlazione con le misure della Terra, gli studiosi alternativi hanno scoperto che i nostri più lontani antenati erano dei provetti astronomi e sapevano che tra un’epoca e l’altra dei dodici segni zodiacali in cui è diviso il cielo visibile, passano 2160 anni e se al momento ci troviamo nell’era dei pesci, che sta per finire e lasciare il posto a quella dell’acquario, andando a ritroso nel tempo siamo passati attraverso quella del cancro, del toro e dell’ariete, per finire in quella del leone.

Se pensiamo che i costruttori dei manufatti di Giza volessero omaggiare la costellazione in cui vivevano, una sfinge a forma di leone, lunga 73 metri e alta 20, ci sta proprio bene. E’ azzeccata! E se pensiamo che nei secoli seguenti sono stati in auge il toro per gli assiro-babilonesi, con il bue Api per gli egizi, e l’ariete per il giudaimo, con l’agnello di Dio qui tollit peccata mundi, preannunciato nel Vecchio Testamento, per arrivare ai pesci del cristianesimo, si deve ammettere che la simbologia celeste è sempre stata di grande importanza per i nostri antenati e la Sfinge insieme alle piramidi finisce per collocarsi intorno al 10.500 avanti Cristo.

Un ragionamento che non fa una piega!

Chi c’era in Egitto 12.000 anni fa che costruiva opere architettoniche impossibili o da noi moderni ritenute tali? Posso avanzare qualche ipotesi? Fabio Delizia non se ne avrà a male? Ebbene, scartando quella teoria poco credibile secondo la quale i costruttori usassero una sostanza che scioglieva la roccia, rendendola malleabile, e permetteva di riversarla senza fatica dentro stampi collocati sul posto finale in attesa che la roccia riprendesse la sua consistenza naturale, vorrei spendere sue parole sull’ipotesi aliena.

Che non è certo una teoria recente, ma che mette d’accordo un po’ tutti, ufologi, archeologi controcorrente e indagatori del mistero. Posto che i pozzi stellari della camera del re guardano in direzione di Orione e considerati i numerosi miti non solo egizi che ci definiscono figli delle stelle, le piramidi, la Sfinge e i due templi che ne sono derivati dal materiale avanzato, furono costruiti mediante apparecchiature che vincevano la forza di gravità e che rendevano i monoliti leggeri come piume. Questo tipo di tecnologia, in possesso di altre culture sia in Sudamerica che in Cina, non apparteneva al nostro mondo ma veniva da “fuori”, magari insieme a quegli stessi scienziati alieni, che Sitchin chiama Anunnaki, che avevano poco prima preso un ominide per trasformarlo in Homo sapiens. In tal caso, si capisce che le proporzioni tra il faraone raffigurato sulla pietra e i suoi sudditi erano reali e l’atteggiamento degli esseri umani non poteva che essere di venerazione verso persone così potenti. Il Genesi li chiama Nephilim e li descrive come discendenti di angeli accoppiatisi con le “figlie degli uomini”. I greci, molto più tardi, nei loro miti parlavano di titani e altri supereroi prometeici. Per tacer di Polifemo!

Per concludere, sorvolando sulle idee di Rudolf Steiner riguardanti il nostro passato di uomini-pesce atlantidei (anche se l’antroposofo austriaco collocando il diluvio universale a 12.000 anni fa è probabilmente andato molto vicino al vero), vorrei finire con una bella frase su cui riflettere della quale ringrazio Fabio Delizia: “Vivere con la domanda ci avvicina alla risposta”.

Non so se è sua, del suo maestro Steiner o di qualche altro pensatore, ma io la trovo, ringraziando Delizia, semplicemente deliziosa. Solo chi non vive con l’assillo delle domande non si avvicinerà mai a nessuna risposta.

Fonte: http://freeanimals-freeanimals.blogspot.it/2012/03/veniamo-da-orione.html

giovedì 15 dicembre 2011

Robert Bauval: ”La scienza non basta, impariamo dagli Antichi Egizi”

"Per quello che sappiamo del cosmo, per quello che abbiamo scoperto negli ultimi vent’anni, siamo praticamente obbligati a pensare alla possibilità di una vita extraterrestre."

Arrivati alla fine della lunga chiaccherata con Robert Bauval- lo scrittore belga famoso in tutto il mondo per le sue intuizioni che hanno cambiato il modo di interpretare la civiltà egizia- l’ultimo argomento da trattare non poteva che essere questo.


Dopo aver discusso della reale datazione della Sfinge e del significato delle Piramidi di Giza, dopo aver analizzato ciò che svelano a questo proposito l’archeoastronomia e le geologia, dopo aver ripercorso le possibili, remotissime origini della prima cultura “stellare” africana (quella di Nabta Playa) e dopo aver evidenziato l’eredità moderna del sapere esoterico egizio, affrontiamo anche il tema “alieni”: Bauval crede – come altri studiosi, esponenti della cosiddetta “Teoria degli Antichi Astronauti”- che questa enigmatica civiltà dai tanti misteri ancora insoluti sia mai venuta in contatto con viaggiatori spaziali?




Uomo di grande cultura e umanità, affascinante conferenziere, poliglotta ( conosce perfettamente anche l’italiano, oltre che il francese, l’inglese e l’arabo), Robert Bauval ha legato il suo nome e la sua vita all’Egitto, terra in cui è cresciuto e che ha esercitato su di lui un’attrazione irresistibile. Di quel popolo che migliaia di anni fa ha edificato opere uniche, mai eguagliate nella storia dell’umanità, non smetterebbe mai di parlare. E di studiare, per arrivare a carpirne il vero segreto…



Il discorso, a questo punto, si fa complesso, tra fisica e metafisica, scienza e filosofia, materia e spirito…
< Negli ultimi secoli ci siamo illusi che la scienza fosse l’unico modo per percepire la realtà. Ma non è vero, le risposte non sono solo all’esterno. E non usare questa nostra abilità interiore è un grande sbaglio. Lo stanno incominciando a capire anche importanti scienziati: più la ricerca procede, più i concetti si fanno ardui, tanto che a volte sembra che nemmeno loro sappiano bene di cosa stanno parlando. Pensiamo agli ultimi modelli interpretativi dell’Universo, alla moderna cosmologia: per capire certi concetti a prima vista assurdi ( come le teorie del multiverso o delle stringhe, NdA) bisogna per forza cambiare approccio e modificare il nostro processo mentale. Gli Egizi avevano trovato il modo, ce l’hanno insegnato, ci hanno detto cosa siamo: lo capivano meglio di noi. Il punto più affascinante di quello che ci hanno tramandato è la loro assoluta certezza che fosse possibile realizzare una transizione tra materia e spirito, dalla morte alla rinascita. Erano davvero convinti di poterlo ottenere. E quello che io ora voglio scoprire è se e come fossero in grado di farlo>.

Fonte: http://www.extremamente.it/2011/12/10/robert-bauvalla-scienza-non-basta-impariamo-dagli-antichi-egizi/#more-5261

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