lunedì 25 aprile 2011

I fratelli Judica Cordiglia captarono la presenza di un UFO?

I fratelli Judica Cordiglia sono ormai entrati a far parte dell'enorme oceano delle Scienze di Confine, zona immensa che coinvolge lo scibile ignoto dell'Universo. I fratelli Achille (nato a Paderno Dugnano nell'anno 1933, è laureato in Medicina, con specializzazione Cardiologia) e Giovanni (nato a Erba nell'anno 1939, è Perito Fonico e Fotografico) sono da decenni degli appassionati in telecomunicazioni, che ebbero la loro grande notorierà negli anni sessanta del secolo scorso per aver captato le comunicazioni dei primi satelliti, sovietici ed americani, inviati nello Spazio.


Ma la loro notorietà è stata ampliata, soprattutto, per l'aver captato (e registrato) delle "voci" nello Spazio, comunicazioni di astronauti non identificati, mandati in orbita prima di Juri Gagarin, cosmonauti "persi" nello Spazio, a quanto pare deceduti con orribile e straziante dolore.

La rivista "UFO Magazine" in collaborazione con il CUN (Centro Ufologico Nazionale) e diretta dal Dottor Roberto Pinotti ha approfondito la questione su questo mistero nel numero 17 di aprile 2011, con una serie di articoli "ad hoc" che fanno della questione uno dei misteri più enigmatici della Storia Contemporanea.


Ma oltre all'enigmatica questione dei cosmonauti scomparsi, esisterebbe un eposidio - collegato agli astronauti "non catalogati" - che sembrerebbe da ricondurre alla presenza di un "qualcosa" di non identificato vicino ad una capsula spaziale.

L'episodio è riportato nel libro "La verità sui Dischi Volanti", edizioni Longanesi, scritto da Frank Edwards nell'anno 1966". In questa opera ufologica della prima ora, scritta da un giornalista scomodo e coraggioso, si legge - alle pagine 205 e 206, che:

"Nel giugno 1962, alla mia corrispondenza su cinque vittime spaziali russe fu dato grande risalto dalla stampa di tutto il mondo. Quell'elenco comprendeva il caso di una coppia di astronauti russi, un uomo e una donna, lanciati in orbita da Baikonour, lago di Aral, il 17 febbraio 1961.

Quel giorno, e per sette giorni seguenti, le stazioni sintonizzate sulla capsula, tra le altre quelle di Bochum, di Uppsala e persino quella di Torino, poterono registrare alcuni dei dialoghi tra gli sventurati cosmonauti e la stazione della loro base. Per un'avaria, i due non poterono lasciare la loro orbita e si presume che vi siano morti (...).

(...) Mentre la coppia condannata orbitava sull'Europa nel tardo pomeriggio del 24 febbraio 1961, le stazioni di Bochum, di Meudon e di Torino (ndr il caso piemontese è riferito proprio ai fratelli Judica Cordiglia), fra le altre sintonizzate sulla loro capsula, ne ascoltarono i comunicati.



Pur dicendosi in buone condizioni fisiche, i due astronauti facevano presente che si era quasi esaurita la loro scorta d'aria e che non avevano più luci a bordo. La voce dell'uomo comunicò che in quel momento gli era praticamente impossibile la lettura degli strumenti, e aggiunse che i segnali radio gli giungevano molto deboli (...).

Frank Edwards per questo motivo ipotizzò il "blackout elettrico". Ma continuamo con l'episodio.

(...) la capsula si manteneva nell'orbita prestabilita.

A questo punto intervenne, eccitatissima, la voce della donna:

"Lo acchiappo io e lo tengo stretto con la destra! Guarda dall'oblò! Guarda dall'oblò! L'ho preso...
".

La voce del compagno eruppe dopo qualche secondo:

"Hei! Qui c'è qualcosa! C'è qualcosa... (tre secondi di parole concitate e confuse (...). "Se non ce la caviamo, il mondo non saprà mai niente! Non mi riesce...".

A questo punto era seguita qualche incomprensibile fonazione, dopo di che la stazione della base (nome di codice: Buca) s'inserì ad annunciare ch'erano le 20, ora di Mosca.

Dall'esame dell'intonazione e delle parole risulta chiaro che la coppia degli astronauti russi, condannati a perire a bordo della loro capsula, doveva avere avvistato nello spazio immediatamente vicino qualcosa che dopo la sorpresa del primo momento l'aveva letteralmente terrorizzata.

L'incidente si produceva a sei mesi da uno analogo, del quale era stato protagonista uno dei nostri missili (...).


Fin qui l'episodio. Il giornalista Edwards (immagine sopra) quindi sospettava che un UFO avesse causato dei grossi problemi a quella capsula, in una di quelle missioni, ufficialmente mai effettuatesi.

E la sua ipotesi, leggendo la trascrizione della registrazione, non è tanto peregrina. Nella drammatica comunicazione si parla di un qualcosa "tenuto stretto, preso (ndr intercettato visivamente)". E poi quando si afferma per ben due volte "Qui c'è qualcosa" si riferisce ad una "cosa" vista molto vicino alla capsula, ormai in difficoltà tecnica. E gli astronauti auspicavano di sopravvivere, perchè "il mondo doveva sapere" che c'era un qualcosa di straordinario e non convenzionale nello Spazio.

Questi astronauti, purtroppo deceduti, avevano visto per davvero un UFO? Non lo sappiamo con certezza, ma la presenza di ipotetici "oggetti artificiali extraterrestri" non è da scartare, viste anche le numerose testimonianze di astronauti in orbita terrestre. E se fosse stato un velivolo alieno, questo mezzo può aver causato il decesso dei cosmonauti di cui parla Edwards? Se la trascrizione della comunicazione è corretta - e non ci dovrebbero essere dubbi, vista la serietà che aveva Edwards - la questione si fa ancora più inquietante. Quanti astronauti "non identificati" hanno avuto a che fare con questi incontri nello Spazio? Ed è possibile che la maggior parte delle tragedie "non catalogate" possono aver come causa principale la presenza di UFO nelle vicinanze, con effetti catastrofici - diretti o indiretti che siano - sulla sonde? La nebbia su questo ed altri episodi spaziali è ancora molto fitta e, chissà, se un giorno si diraderà completamente.

Fonte: http://www.centroufologicoionico.com/

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